lunedì 2 aprile 2007

L'etica digitale

Questo sarà di sicuro un altro filone argomentativo che porterò avanti insieme al discorso più prettamente scientifico.

L’accoppiata dei termini “etica” e “digitale” risulterà bizzarra ma trovo interessante nonché lecito domandarsi: è giusto porre dei limiti allo sviluppo di questo tipo di tecnologia, o meglio porre dei divieti di transito in alcune delle strade percorribili tramite il suo utilizzo?

Sembrerebbe ovvio rispondere di no.

Nei vari articoli che scriverò su questo tema analizzerò di volta in volta aspetti differenti, che ci potranno aiutare a dare alla domanda una risposta sufficientemente esaustiva.

L’etica in buona sostanza si occupa di porsi domande e dare risposte circa la bontà o malizia degli atti umani. Dunque non meravigliatevi se porrò molti interrogativi nei discorsi che riguardano queste tematiche.

Il mostro digitale è stato da tempo totalmente liberato nella nostra cultura, indubbiamente una delle sue principali caratteristiche è di averci permesso di disporre di una quantità spropositata di informazioni, di dati…. ciò inutile dirlo, ha avuto ricadute enormi sulle nostre vite, sui nostri costumi.

Ovviamente il mondo della musica non poteva rimanere estraneo a tutto ciò. E’ cambiato il modo di registrare, di sentire, di procurarsi musica….

Oggi voglio porre l’attenzione su un aspetto in particolare, non molto chiacchierato, cioè su come i progressi in campo tecnologico abbiano mutato il nostro modo di sentire la musica.

E’ noto a tutti l’abisso che c’è da un punto di vista quantitativo, tra un vinile, che in media conterrà 15 brani, ed un lettore mp3, che può contenere decine di volte l’intera discografia di un gruppo.

Ciò di per sè non può che essere una cosa positiva ma: Il modo in cui noi sentiamo musica è lo stesso?

Direi proprio di no, trovo che siamo in una fase di passaggio in cui le forme ormai tradizionali di ascolto, come i lettori cd, che già a suo tempo rivoluzionarono il nostro mondo, stanno per essere sostituite da autentici pozzi senza fondo di musica, e l’uomo nella storia, ogni volta che gli è data la possibilità di maneggiare una quantità notevolmente superiore di cose, trascura nell’ebbrezza del “momento” alcuni aspetti qualitativi importanti.

Si pensi ad esempio alla rivoluzione industriale ed alle ricadute sul clima. Quando parlo di “aspetti qualitativi”, non intendo la qualità del suono, bensì come noi ci dedichiamo ad ascoltare la musica che amiamo.

Penso che oggi si ascolti moltissimo ma si “senta” davvero poca musica, si sta perdendo, dal mio punto di vista, il piacere ed il “dovere” di sentire per ore uno stesso pezzo finché non sia diventato parte di te, della tua vita.

Il nostro atteggiamento nei confronti della musica si può spiegare così: è come se si andasse a visitare un mostra di Picasso, si guardasse il “Guernica” per 5 secondi e si passasse appresso.

Abbiamo una sorta di “ansia da prestazione”, dovuta al fatto che dobbiamo imparare a gestire questa nuova quantità di musica disponibile. Se scarico 200 brani in una settimana risulterà quasi impossibile sentirli tutti se non ascoltando frammenti random di ciascuno.

Ho fatto un esempio magari un pò estremo ma in sostanza si può notare che è cosi. Ciò rischia di svalutare terribilmente il ruolo che la musica svolge nelle nostre vite, senza rendercene conto.

Se come ci insegna la chimica, ossia tutto tende alla situazione più stabile possibile, troveremo presto un nuovo equilibrio tra quantità e qualità.

Ilario Ferrari

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