martedì 1 maggio 2007

L'etica del campionamento

Un’innovazione tecnologica importante porta sempre con sé una serie di conseguenze spesso imprevedibili.

E’ nella natura umana, soprattutto degli uomini di questo secolo, dedicarsi alla ricerca scientifico-tecnologica senza una riflessione accurata sulle conseguenze delle proprie scoperte, ciò porta inevitabilmente a trovarsi di fronte a problemi totalmente imprevisti, ma che in realtà potevano essere prevenuti.

Questa è una delle ragioni principali che mi spingono a trattare quella che ho chiamato l’etica digitale.

Cioè in sostanza, un’analisi delle conseguenze che le innovazioni nel campo della tecnologia digitale possono portare nella nostra vita.

Quest’analisi delle conseguenze non è limitativa nei confronti della tecnologia, piuttosto la chiamerei preventiva.

L’aspetto più caratteristico del mostro digitale è sicuramente il campionamento dei suoni.

Una delle conseguenze che il teorema di Shannon sul campionamento ha portato in campo musicale, è l’avvento delle cosiddette workstation musicali, cioè strumenti elettronici in grado di produrre eventi sonori di densità e complessità superiore a quella orchestrale.

Se è possibile campionare e dunque “impossessarsi” dei suoni di qualunque strumento, sarà possibile campionare la voce in modo da poter riprodurre elettronicamente il timbro esatto di un qualsiasi cantante?

Data ad esempio una traccia vocale di Pavarotti è possibile pensare ad uno strumento che, contenendo la voce del cantante campionata e suonato in un certo modo, consenta di riprodurla fedelmente?

Fortunatamente ancora non esistono strumenti in grado di fare ciò, ma credo sia un interessante spunto di riflessione circa le potenzialità del digitale.

Fino a quando si suona una tastiera con il suono del violino della chitarra… credo che a parte i puristi della musica acustica nessuno si scandalizzi, dato che comunque il suono di uno strumento è qualcosa che si è sempre potuto comprare: vado in un negozio spendo 40000 euro e compro la chitarra originale di Hendrix….
Se invece riuscissi a campionare il suono della voce di Pavarotti in modo da poterlo riprodurre tramite uno strumento elettronico, mi sarei impossessato di qualcosa di molto più profondo che di sicuro 50 anni fa non potevo comprare…

Tant’è che risulterà bizzarro chiedere ad un commerciante: “Senta scusi vorrei le corde vocali di Pavarotti quanto vengono?”

Ora la domanda è: questo probabile risvolto dell’avvento del mostro digitale, è giusto limitarlo o quanto meno regolamentarlo?

Per alcuni potrebbe sembrare un problema da poco, in realtà oggi si è totalmente impreparati ad affrontare una situazione del genere, mi spiego: quando si compone un pezzo, l’artista per avere il copyright lo scrive alla SIAE mandandone lo spartito…

Che cosa accadrebbe se, poniamo il caso, uscisse un pezzo inedito con la voce di Vasco Rossi di cui lui non ne è a conoscenza?

E’ come se in futuro un cantante oltre a dover avere i diritti sui suoi pezzi, dovesse averli anche sul suo timbro vocale.

Potreste dire: Che ci importa, è un problema che riguarda solo i cantanti….

Se si riflette bene, si può facilmente immaginare il caos totale che si creerebbe, se non venisse regolamentato tutto ciò.

Tutti a casa avremmo “il nostro Vasco”, uscirebbero su internet migliaia di pezzi con le voci di tutti i cantanti senza il minimo controllo….

Si perderebbero alcune delle caratteristiche fondamentali della maggior parte della musica moderna: l’individualità, l’unicità dell’interpretazione…..

Ciò per contro potrebbe anche portare una positiva rivalutazione delle performance live. Non vorrei che passasse il messaggio che le conseguenze delle innovazioni tecnologiche in musica arrechino solo danni….è che ovviamente i vantaggi sono molto più evidenti.

Ilario Ferrari

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