venerdì 25 maggio 2007

Graffiti-Tra arte atavica e moda odierna.#1

Li abbiamo studiati tutti nella nostra carriera scolastica, li abbiamo ammirati e odiati,ma restano comunque la testimonianza di epoche remote, dove il mondo selvaggio diventava uno spettacolo quotidiano da immortalare dentro la propria dimora umida e buia, che improvvisamente diventava una caverna delle meraviglie.

Sto parlando dei graffiti, quelle, a mio avviso, splendide e stupefacenti incisioni, opera dei nostri antenati, spaccati di vita quotidiana in un mondo preistorico, nel quale il più semplice gesto meritava di essere glorificato sulle pareti di grotte o caverne dove si abitava o ci si rifugiava durante i pascoli uggiosi o le battute di caccia.

Proprio queste sembrano essere il tema portante, il soggetto di molte pitture rupestri, donandoci un senso di vicinanza con il passato (ancora oggi ci si gloria con una foto della preda cacciata o pescata), e facendoci scorgere con l’occhio dello spettatore, dell’archeologo o dello scienziato l’importanza delle cose ivi raffigurate.



















Ecco alcuni esempi:
In alto due graffiti della Val Camonica (Lombardia-provincia di Brescia)
e,più in basso, un graffito ritrovato a Cheremule(Sardegna-provincia di Sassari)

Taluni esperti del settore attribuiscono a queste rappresentazioni un carattere puramente celebrativo o religioso, con il quale spiegano anche alcuni simboli pressappoco indecifrabili anche per un occhio esperto, non dimentichiamoci però che nella società umana, odierna e atavica, sciamani e sacerdoti sono sempre esistiti.

Resta comunque il fatto che molte rappresentazioni sono state ritrovate in luoghi più adibiti al pascolo delle greggi che non alla caccia, e quindi posti dove non si doveva né propiziarsi la preda né celebrare chissà quali riti, posti dove la voglia di passare il tempo senza noia portava molti sbuffanti pastori ad incidere sulla pietra queste figure.

Tuttavia siamo sempre nel caso delle ipotesi ma, trattando un campo come quello storico l’incertezza del materiale rimasto, porta solo a supporre e non ad essere sicuri di ciò che si dice.

Spostandosi verso il concreto dell’argomento, vediamo la tecnica con la quale le incisioni rupestri (dette anche petroglifi oltre che graffiti) sono state fatte o si possono ancora fare.

I graffiti non sono altro che il risultato di un paziente lavoro di picchiettature o raschiatura della roccia con l’ausilio di una pietra più dura di quella lavorata a forma di punta o scalpello(molte volte venivano usate le punte degli attrezzi a portata di mano, quali pugnali di bronzo o ferro),il quale lavoro portava alla creazione di una fitta rete di fori che formavano così la figura desiderata.

Spesso su tali fori venivano applicate delle sostanze coloranti, per dare sfumature diverse ai singoli elementi della rappresentazione, tenendo in considerazione anche gli effetti cromatici della combinazione luce-colore in determinati momenti del giorno; quasi un’anticipazione del movimento impressionista e questa non è ironia.

Difatti i graffiti, i più antichi dei quali risalgono al Paleolitico(2 milioni di anni fa), se visti in particolari momenti della giornata o con determinate condizioni atmosferiche, risaltano alcuni particolari appena percettibili o del tutto invisibili nel resto del tempo.

La bellezza di questa eredità tramandataci dalla storia è quella che si palesa davanti ai nostri occhi, bambini, adulti e anziani: la conoscenza del fatto che la storia dell’arte e dell’espressività umana comincia proprio in quei solchi scavati nella nuda roccia, in quei tratti stilizzati che riassumevano le passioni dei loro autori, così come la loro vita e il futuro che avrebbero voluto(il quale non sempre si identificava nella buona riuscita della caccia).

Il termine graffito ha subito modifiche radicali nel corso degli anni, indicando particolari tipi di tecniche artistiche o atti vandalici che molti considerano un’altra forma d’arte(le cosiddette “tags”).

Ma di tutto ciò ne parleremo un’altra volta.


Daniele Tartaglia

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