venerdì 14 marzo 2008

Van Gogh , contenitore di genialità e follia.














A sinistra "Autoritratto con cappello di feltro grigio" , a destra "I Girasoli"( Sunflowers)


Nato a Groot Zundert nel 1853, figlio di un pastore protestante,Theodorus Van Gogh e di una popolana, Anna Cornelia , Vincent Willem Van Gogh sviluppò sin dall’infanzia un’attitudine e una particolare sensibilità verso il mondo dell’arte , forse unica via di fuga nella sua infanzia tormentata dall’apprensione dei genitori e dai frequenti insuccessi incontrati.

Cominciò le scuole di Zevenvergen nel 1861 e nel 1869 comincia il suo lavoro presso la bottega d’arte fondata da suo zio all’Aja, dove sì’interessa a vistare i musei locali e sviluppa un acume intellettuale e culturale molto vasto, accentuato dai viaggi che seguirono nella sua vita , sempre su commissione della anzidetta bottega d’arte, in città dalla vasta gamma artistica quali:Bruxelles, Londra e Parigi , dove dipinse l’opera “Esterno di un caffè di notte” .

Nel 1876 lascia definitivamente la bottega d’arte dello zio alla volta di Ramsgate , vicino Londra, dove lavora come insegnante in cambio del solo vitto e alloggio e fu qui che cominciò ad avvicinarsi alla povertà dei substrati della società condividendo la povertà dei minatori e facendo la loro stessa esperienza di vita, con l’unica consolazione della preghiera, Van Gogh infatti era molto religioso e aveva in sé il desiderio di consacrarsi completamente alla religione.

Solo quando i suoi genitori constatarono in che condizioni si trovava a causa di quella vita di stenti, all’artista fu impedito di tornare in Inghilterra e , su raccomandazione dello zio Vincent, trovò lavoro come commesso in una libreria di Dordrecht, dove viveva da solo frequentando spesso la chiesa locale e arrivò alla maturazione del suo ideale religioso.

Spinse infatti affinché il padre lo lasciasse seguire i corsi di una scuola per predicatori,lasciati per il carico gravante degli studi e per la sua inidoneità all’insegnamento e nel 1879 c0ominciò un’attività di predicatore laico nelle miniere del Borinage, dove ritrasse le umili e precarie condizioni di vita dei minatori colpito profondamente dalla povertà e dal sacrificio di questi ultimi.

Il suo atteggiamento di solidarietà/protesta verso questi poveri scavatori di carbone creò astio verso di lui da parte dei datori di lavoro , che lo mandarono via licenziandolo e bollandolo ancora una volta come un incapace privo di qualsiasi talento, talento che il nostro artista metteva tutto nella lettura e nel disegno degli anni seguenti , anni che portarono Van Gogh a situazioni estreme di povertà e miseria, anni che videro venire alla luce non solo alcune sue opere ma anche i suoi primi scatti di collera e di confusione psichica che avrebbero caratterizzato la sua restante esistenza.

Il fratello Theo, pur avendo rotto parzialmente i rapporti con lui , lo aiutò finanziariamente spronandolo a coltivare la sua passione per la pittura, così il giovane Vincent partì alla volta dei Bruxelles e della sua scuola d’arte, dove fece conoscenza di molti pittori e cominciò a disegnare copie delle opere di Millet.

Nel 1881 sceglie di essere ancora una volta del tutto autonomo e , rifiutando vari aiuti economici della famiglia decide di trasferirsi all’Aja ,dove prese lezioni dal pittore Anton Mauve .Nel 1883 vive con i genitori a Nuenen e fino al 1885 ,anno della morte del padre, vi dipinge più di duecento quadri, tra i quali il celebre “I mangiatori di patate”.
Nel frattempo i contrasti con la famiglia e la società si acuiscono a causa dei suoi metodi e della sua indole irosa, tant’è che il parroco del paese ammonisce tutti i cattolici , dicendo di non posare per l’artista come modelli, spingendo quindi lo stesso Van Gogh a ritrarre semplici nature morte.

Dopo essere stato ad Anversa per tre mesi , passati in parte come convalescente a causa di un suo malessere dovuto a denutrizione e durante i quali aveva seguito due corsi di disegno acquistando per la prima volta delle stampe giapponesi, Van Gogh torna a Parigi, desideroso di conoscere nuove correnti artistiche e va a vivere con suo fratello Theo. Vincent a Parigi fece amicizia con Paul Gauguin, con il quale nel 1887 costituì, insieme a Henri de Toulouse-Lautrec e ad Emile Bernard, il gruppo cosiddetto dei Pittori del Petit-Boulevard, per distinguersi da quello dei Pittori del Grand-Boulevard (Claude Monet, Alfred Sisley, Camille Pissarro, Edgar Degas, Georges-Pierre Seurat) che esponevano nella galleria di Theo. La sua tavolozza, fino a quel momento scura e terrosa, si schiarì tutto d'un colpo, grazie al contatto con la pittura impressionista.


L’anno seguente si traferì ad Arles ,raggiunto in seguito dall’amico Gauguin, ed è proprio i questa città che dipinge i suoi principali capolavori tra i quali ricordiamo “i Girasoli”.Sempre ad Arles avvenne il famoso litigio / aggressione ai danni di Gauguin, in seguito al quale Van Gogh si mutila l’orecchio, come si può notare nell’opera “Autoritratto con l’orecchio bendato “.

A seguito di questo gesto estremo e autolesionista , il pittore viene ricoverato in una clinica per la cura delle malattie mentali con una diagnosticata schizofrenia ,nonostante oggi non si sappia effettivamente di quale disturbo mentale soffrisse.

La sua vita da questo punto in poi prese una fase discendente , popolata da allucinazioni e deliri, a causa dei quali venne spesso ricoverato nei pressi di Saint Rèmy de Provence , dove dipinse “Iris” e “Alberi di cipresso” ,quadri che cominciano a rappresentare lo strato di profonda depressione che caratterizza il morale dell’artista,nonostante la produzione enorme di quadri e la presenza costante del giallo , un colore acceso.


Iris

Il 27 Luglio 1970 si presentò alla coppia proprietaria della locanda in cui vive , ferito da un colpo di rivoltella che lui stesso ammise di essersi sparato. Morì due giorni dopo e la sua bara fu ricoperta da girasoli, i fiori che sentiva così tanto vicini al suo animo artistico , così tanto suoi.

Quel che colpisce agli occhi di chi osserva , e la semplice pennellata senza sbavature senza ritocchi di Van Gogh, il quale plasma il colore come fosse creta o argilla, come se il colore non serva ad illuminare un soggetto , ma a crearlo.

Ciò colpisce perché è incredibile quanta lucidità possegga una mente artistica , pur martoriata dal malsano delirio della fase finale della sua vita,dagli sguardi ostili di un mondo che ormai era considerato alieno dall’artista, folle contenitore di genialità.


Daniele Tartaglia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

hai scelto un bell' argomento

Anonimo ha detto...

Awesome post. È piaciuto molto leggere il tuo post sul blog.