giovedì 6 marzo 2008

Sinestesie della luce

Acceleratori e lampadine, chiese e LEDs, lux dei ed allucinogeni


L’incontro dei sensi e la rappresentazione di un senso in un altro senso, tale da far cambiare connotati alla sensibilità (sentire un colore, vedere un odore, odorare un sapore, toccare un suono), non possono che dare un nuovo significato e valore alla sensazione stessa: la sinestesia è la rivoluzione del senso nella sensibilità, della rappresentazione in ciò che è rappresentabile.

Tra tutti, il senso della vista sembra a volte superare l’incontro con gli altri sensi e pascersi della sua chimerica attività di ridare la luce che sta fuori (o quella che è dentro di noi). La sinestesia allora, nella sua più intima rivelazione, si può divertire con la storia (giocando tra tecnologie della luce vecchie e nuove), con i luoghi sacri (per secoli protettori di raggi e di filtraggio dell’esterno) e con i testi sacri (veicoli di una visione che stravede l’uomo trasumanando ogni senso).

Un acceleratore di elettroni australiano, il Synchrotron, è stato utilizzato dall’artista multimediale Chris Henschke per illuminare una lampadina a filo incandescente. La scienza a servizio dell’arte e l’arte come manifestazione estetica di un feedback tecnologico (e la storia della tecnologia vive e sussiste di movimenti in avanti e battute d’arresto).

“I am trying to put the new technology into its historical and technological context.” Abc Australia
Un' importante ed antica chiesa di Boston, simbolo della Rivoluzione d’America, il cui campanile divenne nella notte del 18 aprile 1775 il segnale dei movimenti delle truppe inglesi, rivive e rivela una ristrutturazione tecnologica all’insegna del passaggio dalla fluorescenza ai diodi plasmabili ed invisibili.

Longfellow, che descrisse nel suo poema l’impresa dell’indipendentista Paul Revere, non avrebbe oggi più scritto "One if by land, and two if by sea", bensì:

“One LED if by land, and two if by sea” Abc News

A volte si è vittima delle proprie visioni, delle private sinestesie improprie. Se poi è la vista, o peggio ancora uno studio sulla percezione visiva, a cercare di confutare se stessa, il suo valore indiscusso e sacro, ecco che ne viene meno anche l’indagine della storia e la sua chiarificazione non sempre netta e rigorosa.

Il professor Benny Shanon, dell’Università ebraica di Gerusalemme, ci ha spiegato come, hypoteses non fingo, fosse stato possibile per Mosé l’incontro con la voce divina, con la luce che veicolò le Tavole, lassù, in alto, presso il Monte Sinai: il profeta era in un “altered state of awareness”, dovuto ad alcune piante allucinogene che crescono nel deserto mediorientale.

Chi sa perché, ma il mio common sense mi fa propendere per chi ha, in questo caso, sbeffeggiato il portatore di ipotesi scientifiche e bigotte, ovvero il rabbino Yuval Sherlow:

“The Bible is trying to convey a very profound event. We have to fear not for the fate of the biblical Moses, but for the fate of science.” Msnbc

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