venerdì 29 giugno 2007

William Blake.


William Blake

Reso celebre al mondo degli ignari dalla citazione nel film “The Red Dragon” di Brett Ratner, un altro della saga di Hannibal Lecter, questo autore di poesie si rese celebre anche nel mondo dell’arte con le sue stampe visionarie nelle quali è infusa la irrealtà dei suoi mondi semionirici.

Nato a Londra, nel quartiere di Soho il 28 Novembre del 1757, questo brillante artista derivava da una famiglia benestante, giacché suo padre era un commerciante in grado di mantenere i sei figli nati dal suo matrimonio senza problemi e di incoraggiare il piccolo William alla coltivazione del suo innato interesse per l’arte.

Quest’ultimo non aveva frequentato le scuole e, prendendo lezioni dalla madre, maturò uno spiccato interesse per il disegno, cominciando a frequentare a soli dieci anni la scuola di disegno di Henry Pars Nello Strand .

Terminati gli studi nella suddetta scuola , cominciò la sua carriera come incisore, frequentando gli studi degli artisti più noti in suddetto campo, come Basire, durante l’apprendistato del quale maturò la sua passione per l’arte medievale, lavorando a degli schizzi preparatori per alcuni libri d’antiquariato.

Nel 1779 si iscrisse alla “Royal Academy of Arts “ e l’anno successivo, grazie all’esposizione di un suo acquerello nella stessa, cominciò a ricevere le prime commissioni come incisore.

Contraendo il suo matrimonio con Catherine Boucher, la quale lo aiutò in seguito nel suo lavoro come editore, pubblicò,un anno dopo,il suo primo libro illustrato:“Schizzi Poetici”.

Negli anni seguenti, dopo aver assistito alla morte del padre e del fratello diciannovenne (considerato dall’artista e dalla sua consorte come un figlio), e dopo aver visto il fallimento dell’impresa paterna ereditata, Blake riuscì nel suo obiettivo di combinare illustrazioni e testi poetici su di un’unica lastra per la stampa che battezzò “miniata”.

Esempi si questo nuovo tipo di stampa possono rintracciarsi nelle due raccolte poetiche dell'artista: “I Canti dell’innocenza” e “I Canti dell’esperienza”, da collocarsi rispettivamente nel 1789 e nel 1794, mentre a metà tra le due raccolte si pone il componimento in prosa “Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno” del 1793, che è una chiara ribellione contro i valori della sua epoca.

Ma le sue opere non ebbero il successo sperato, e solo a partire dal 1799 la sua vita potè dirsi migliorata , grazie alla conoscenza di Thomas Butts che gli versava un regolare stipendio riempendosi la casa con le opere dell’artista.

Dopo un periodo di totale decadenza , che va dal 1809 al 1818, nel quale, anche a causa del processo che lo vedeva imputato, era conosciuto al mondo come un fallito, fece la conoscenza di un altro suo mecenate, il ritrattista John Linnell, grazie al quale ricominciò la sua attività, la quale durò sino alla sua morte il 17 Agosto 1827 , con la quale lasciò incompiuto il lavoro per le tavole della “Divina Commedia” , avendo però completate quelle per “Il Libro di Giobbe"



Il Grande Drago Rosso e la Donna vestita di Sole

Blake non amava la pittura ad olio, dipingendo talvolta a tempera ispirandosi all'essenzialità dei primi maestri del Rinascimento, difatti le sue prime opere a tempera furono a temi di carattere religioso; la maggior parte sono su tela, ma alcuni su rame.

L'unico libro di Blake stampato con metodi tradizionali fu il primo "Schizzi poetici" mentre i restanti libri vennero prodotti con il nuovo metodo della "stampa miniata" che lui stesso aveva ideato, con testo ed illustrazioni combinati sulla stessa lastra.

Negli ultimi anni del Settecento sperimentò l'idea di applicare i colori sulla lastra, ma decise di tornare alla stampa ad inchiostro monocromatico colorando poi ogni pagina a mano con penna ed acquerello.

I primi volumi miniati avevano le dimensioni di un tascabile di oggi, ma in seguito l'artista optò per un formato più grande, per dare maggior rilievo alle illustrazioni e suo ultimo grande libro miniato fu "Gerusalemme", realizzato tra il 1804 ed il 1820 circa.

Un altro incisore che fa la storia dell‘arte attraverso la combinazione letteratura - arte visiva, che ci ha regalato e ci regala tuttora opere monumentali e meravigliose.

Daniele Tartaglia

giovedì 28 giugno 2007

Come fare musica originale?

Mi sono trovato spesso ormai, in quanto musicista, dinanzi alla tipica domanda che ci si sente porre quando si eseguono brani inediti:

Ma come si fa a non copiare gli altri? Le note non sono sempre sette?

Innanzitutto, potrà sembrare banale ma sfatiamo il mito che le note sono 12 , per esempio do diesis è una nota!

E poi ricordiamoci che il sistema tonale è una schematizzazione (classificazione) delle frequenze di noi occidentali, che abbiamo con il tempo stabilito che un intervallo di frequenze più basso del semitono è poco utilizzabile a scopi artistici nonché poco udibile ai più…

La musica però non è una ponderata combinazione di picchi di frequenze, cosa che peraltro sarebbe impossibile, bensì combinazione di frequenze che possiedono un picco principale, dunque essendo le frequenze infinite, ed essendo impossibile ripetere esattamente qualunque suono due volte di seguito (anche con strumenti elettronici), a rigore matematico è impossibile copiare un brano musicale……..

Ciò sembrerà pure un inutile sillogismo, ma è la motivazione principale secondo me per cui la musica (come tutte le forme d’arte che non esprimono direttamente concetti) è individualità ed unicità.

E’ chiaro che una persona che ha posto quella domanda iniziale, non intendeva riferirsi proprio a questo, ma piuttosto al fatto che, è facile cadere nell’errore di esprimersi attraverso degli schemi pre-impostati nel nostro cervello, derivanti dalla nostra esperienza musicale, che in quanto tali sono facilmente riconoscibili anche da un ascoltatore.

In virtù di quanto detto però, un brano musicale veramente sincero, cioè che sia autentica espressione di un esigenza dell’artista, non può non essere originale e riconosciuto come tale dai più.

Dal mio discorso vorrei poi trarre un’altra conclusione importante:

Lo sfrenato desiderio di ricercare nuove forme di espressione, se mosso da una pulsione simile a quella di chi ha posto la domanda da me tanto discussa, non porterà nulla di buono, perché si perde di vista proprio il fatto che la musica è prima di tutto individualità ed irripetibilità, le uniche due cose che un musicista deve seriamente ricercare dentro di sé, null’altro.

sabato 23 giugno 2007

2007 Musica usa e getta?

Si sente spesso affermare: “La musica oggi non è più quella di un tempo, si tende a fare cose più usa e getta da lanciare nel calderone dei singoli che ci bombardano….”

Questo discorso, per altro affrontato già in altri articoli del blog, mi piacerebbe prenderlo dal mio punto di vista…..

Si possono fare vari discorsi sulla prospettiva storica che di sicuro manca a chi esprime giudizi sulle opere del proprio tempo…..

Infatti la motivazione principale per cui si afferma che un certo brano è un opera d’arte, è di sicuro la sua resistenza alle evoluzioni culturale.

E’ evidente che la nona di Beethoven sia un capolavoro, dato che dopo 200 anni ancora abbiamo stampato in testa il suo motivo principale, ed addirittura un film come “arancia meccanica”, impregnato di atmosfere e concetti della modernità, abbia come colonna sonora proprio una versione della suddetta sinfonia.

Ma abbiamo mai pensato al fatto che, se un opera d’arte non è stata conservata bene nel tempo o non è stato possibile conservarla, comunque non sopravvivrà al giudizio della storia?.

Le opere come ad esempio le sinfonie dell’ottocento erano fissate su supporto cartaceo, e ciò a garantito una relativamente semplice conservazione.

Le registrazioni analogiche e digitali subiscono invece un invecchiamento sicuramente più rapido.

Gli effetti del deterioramento sono poi diversi per il nastro analogico e quello digitale.
Nel nastro analogico una diminuzione della magnetizzazione provoca un aumento del rumore di fondo in termini di soffio e di piccoli impulsi, e l'effetto copia da spira a spira provoca strani echi, oltre al deterioramento del segnale principale.

Nel nastro digitale, invece, il calo di magnetizzazione (drop-out) provoca una alterazione dei valori numerici che rappresentano il suono, con risultati catastrofici sul piano dell'ascolto.
Pertanto tutti i lettori sono dotati di un sistema di correzione d'errore, che ricostruisce i bit mancanti dovuti a un piccolo deterioramento del nastro; se il "buco" è troppo grande il meccanismo di ricostruzione si blocca, e viene introdotta una pausa di silenzio al posto del segnale deteriorato che, se ascoltato, darebbe dei rumori imprevedibili e molto più forti del segnale stesso.
Il nastro digitale, quindi, non subisce un deterioramento progressivo nel tempo come quello analogico bensì rimane completamente integro o diventa, a tratti più o meno lunghi, del tutto inascoltabile. Per evitare perdite di informazioni, quindi, si deve copiare il nastro digitale con regolarità.

Si potrebbe affermare: “Ma non si può scrivere comunque uno spartito di un brano musicale di oggi?".

La musica dei giorni nostri è caratterizzata dall’uso di elaboratori elettronici sin dai primi sviluppi della composizione, per cui oltre al fatto che la pratica dello spartito è in disuso rispetto anche ai primi del ‘900 rimane comunque inadeguato a descrivere nella totalità una composizione del nostro tempo.

La tecnologia che utilizziamo è sempre molto giovane, per cui la sua resistenza al deterioramento non ha nessuna verifica sul piano sperimentale, tranne il tempo trascorso dalla sua nascita e le prove di invecchiamento artificiale che le case produttrici fanno su CD-A CD-R CD-MO DVD…

Se si pensa poi a come rapidamente si evolvano software per il recording, comprendiamo che un brano musicale per poi essere riascoltato ha bisogno anche di essere conservato con una corretta tecnologia che non si basi su algoritmi non più riproducibili dai nuovi software.

Dunque in sintesi le opere musicali del nostro tempo hanno vitale bisogno di questa tecnologia digitale così volubile.

Si corre il rischio che il contenuto artistico si adegui ai tempi del mercato tecnologico.

Mi spiego: se l’artista di oggi come detto nel precedente articolo, può pensare qualunque suono nella su testa perché sarà possibile campionarlo e riprodurlo, è inevitabilmente legato a come questo può essere effettuato con la tecnologia da lui a disposizione.

Un cambio radicale di software in uso potrebbe portare al decadimento del valore dell’opera?.

Dipende dall’idea prima è vero, ma è innegabile che la musica dei giorni nostri anche per le tematiche da me esposte è sicuramente più usa e getta di quella di tempi passati.

venerdì 22 giugno 2007

Il fine dell’artista, la fine della certezza e il tema dell’arte.

Nella storia dell’arte osserviamo che le opere prodotte non rappresentano solamente la ultimazioni delle commissioni ricevute dagli artisti, ma chiari messaggi lanciati dall’opera intellettuale dell’artista che urla i propri ideali attraverso le sue tele o li bisbiglia tenuemente attraverso una data postura fatta assumere alla propria scultura.

Ci si pone il dubbio, o perlomeno io me lo sono spesso posto, riguardo al fine dell’artista nei confronti dei suoi componimenti, dell’arte che produce e di quale sia il punto di contatto che cerca con il suo pubblico attraverso di essa.

Molti bollati come ermetici o misantropi ,altri celebrati come portatori di paradigmi innovativi e contro l’oppressione dell’espressione nella società, rinnovata dalla spinta emotiva di quell’arte “per il sociale”, gli artisti perseguono ovviamente fini diversi, ma un desiderio li contraddistingue ,quello di scoprirsi agli occhi dello spettatore, indipendentemente dalle promesse di fama futura o flop totale.

Con spettatore tuttavia non s’intende sempre il grande pubblico, né l’élite di piccoli amanti dell’arte in questione, rientrando in tale denominazione infatti anche l’amico che scorge i lavori artistici e addirittura gli stessi artisti, quando li rimirano alla ricerca della perfezione all’interno di essi o per il semplice piacere do farlo( si pensi a Leonardo da Vinci con al sua “Gioconda”, la quale lo seguiva nei suoi viaggi come una fedele compagna).

Io credo che la maggior parte degli artisti, in qualsiasi campo artistico, oltre a trovare la più alta forma di espressione nell’arte da loro praticata e studiata, cercano all’interno del loro operare un modo per confidarsi con il mondo e confondersi in esso, un modo per non essere al di sopra ma alla pari delle persone, alle quali tale arte è indirizzata.

Ed è qui che si intromette la fine della certezza, perché in tali ambiti non si può essere certi, non essendo tali realtà empiricamente immote e immobili, ma fluide e mutevoli come l’indole umana , sempre attenta ai cambiamenti e sottoposta alle pressioni sociali e non.

Un punto focalizzante nell’ambito dell’arte è quello dell’arte tematica, ovvero l’arte che tratta determinati temi, quali possono essere la conservazione della natura, la lotta alla chiusura verso una forma nuova di espressione, i problemi sociali o la celebrazione di attività religiose ,sportive umanitarie.

Il tema portante di determinate opere, come quello delle “nature morte” per esempio, ci aiuta a rivivere, dal punto di vista dell’artista , il tema affrontato ,la sua natura nella realtà dell’artista in questione e il modo di quest’ultimo di esternarlo attraverso la sua interiorità.

In conclusione vorrei segnalarvi l’esposizione grafico-pittorica-fotografica “Tra di noi” ad opera della associazione ”Arti visive” della città di Priverno ( LT ).

L’inaugurazione avverrà il giorno Sabato 23/06/2007 alle ore 18:30 presso l’hotel “Villaggio della Mercede”, sito a San Felice Circeo in via Regina Elena,76 ( LT ).

L’esposizione fa parte di un calendario che ha già toccato 4 tappe arrivando ora a quella della ”Equo Arte”: collettiva di pittura, disegno, grafica su Cavalli e Cavalieri.
All’evento esporranno le loro opere:
Tommaso Brusca
Maurizio Brucoli
Anna Colaiacovo
Crocifissa Del Frate
Albino De Marchis
Maria Celeste Del Monte
Achille Faiola
Natalia Kulbakina
Luigi Locci
Serena Marroni
Saverio Palladini
Carlo Picone
Carmela Piemonte
Tiziana Pietrobono
Giuseppe Venditti
Katiuscia Zomparelli

La mostra permarrà fino al giorno Sabato 30/06/2007 per continuare, nella città di Priverno(LT) in via Prof. Antonio Caradonna al “Bar dell’arte” Caffè Palombini, con il seguente calendario:

• 27 Maggio-8 Luglio: Equo Arte .
• 15 Luglio-2 Settembre: Artestate .
• 9-30 Settembre : Pipernum Medievale .
• 7-19 Ottobre: Mini Arte .
• 21 Ottobre-11 Novembre: Vin’arte .
• 18 Novembre: Nev’arte .
• 18 Dicembre-6 Gennaio: Arte e Natività .

Le suddette esposizioni non sono a fini di lucro.
Per informazioni tel. 0773/901387,3290617457(chiamare ora di pranzo o cena)

Daniele Tartaglia

giovedì 21 giugno 2007

Pensare oltre la finestra

E' uscito il mio primo libro, una raccolta di poesie edite dalla Libroitaliano:


Davide De Caprio

mercoledì 20 giugno 2007

Musica e tecnologia

E’ evidente ormai che la tecnologia è divenuta parte fondamentale della produzione musicale odierna, quasi un secondo strumento che ogni musicista deve saper maneggiare per essere al passo con i tempi.

Oggi credo che un compositore non possa trascurare le innovazioni tecnologiche che nascono di mese in mese.

Già da tempo la tecnologia non è più uno strumento ad appannaggio dei soli fonici che registrano la nostra musica, ma uno strumento di primaria importanza sotto almeno due punti di vista:

1. A differenza dei musicisti degli anni 50 oggi è possibile compiere tante di quelle operazioni sul suono tramite l’elaborazione digitale, che bisogna almeno avere delle conoscenze minime, per non essere totalmente in balia di chi fa il proprio dovere di registrare mixare e masterizzare la musica.
2. La tecnologia ormai può essere utilizzata come strumento compositivo vero e proprio.

Se pensiamo ad un musicista dell’ottocento, componeva le sue opere pensando quali strumenti acustici potessero realizzare al meglio la sua idea primaria.

Per cui una volta fissata quest’idea su spartito si adoperava per realizzarla con i musicisti adatti.

Per un musicista degli anni 50 in sostanza il processo mentale compositivo rimane identico se non fosse per la circostanza che è libero di fissare la propria idea su spartito o su supporto magnetico (registrando un LP) .

E’ chiaro che non sto considerando l’evoluzione culturale e musicale, per cui la mente di un jazzista non funziona proprio come quella di un compositore classico ma in sostanza nell’approccio compositivo di queste due figure artistiche apparentemente lontane c’è sempre la medesima struttura logica di base.

Un compositore moderno ha la possibilità di pensare nella sua testa qualunque cosa in termini di suono, grazie all’avvento della musica elettronica, mi spiego: se è possibile campionare tutto allora è vero che qualunque suono pensi è possibile realizzarlo…

Perciò è importante oggi sapere quali sono le tecnologie a disposizione, la realizzazione di un idea che necessiti di strumenti elettronici, deve essere supportata da conoscenze di base che, se mancanti, porterebbero ad una difficoltà di comunicazione dell’idea tra il compositore e chi, più del settore, ha maggiori competenze per realizzare la parte elettronica.

E’ evidente che sto facendo un discorso che forse si discosta un po’ dalla realtà, dato che oggi la maggior parte delle persone che volontariamente utilizzano nella composizione strumenti elettronici, hanno un approccio differente dal compositore classico, si basano molto su sensazioni suscitate da un approccio casuale piuttosto che ponderato.

Infatti secondo me uno dei problemi della musica odierna è che, chi mantiene un approccio compositivo classico fa difficoltà a riferirsi a strumenti moderni, e viceversa chi segue perfettamente lo sviluppo della tecnologia, è spesso mancante di conoscenze teoriche e di un approccio più generale alla musica.

La strada da percorrere credo che sia quella di fondere i due approcci ed ascolteremo cose davvero interessanti…per avere almeno, un idea di come realizzare le proprie composizioni.

venerdì 15 giugno 2007

La Chimera




Tratta dalla mitologia greca , di cui io sono un ghiotto appassionato, rielaborata attraverso la mia immaginazione questa è la mia versione della Chimera, la quale era la prima rappresentante, unica nel suo genere della specie dei Grifoni nel quaderno di “Monsters”.

Questa fantastica creatura, per me sempre evocativa del soprannaturale e del mito, ha sempre scosso la mia mente da bambino , difatti era la prima trattata in quella mia minuscola enciclopedia di mostri e creature bizzarre.

In realtà la Chimera, come anche le Gorgoni, faceva parte della progenie del titano Tifone, sconfitto dal padre degli dei in persona eoni addietro la sua comparsa; tuttavia io, da grande stravolgitore di storie quale ero, ne avevo immaginato una nascita tutt’altro che conforme al mito greco, giustificando con essa anche l’aspetto del mostro da me tracciato.




Il mio primo disegno della Chimera di certo
non rendeva giustizia all’idea che ne avevo in
mente. Infatti tutto il terrore che, teoricamente,
volevo rappresentasse, si perdeva nelle linee
poco incisive e per niente impressionanti
che avevo disegnato. La Chimera non era
né spaventosa né suggestiva, piuttosto era
goffa, buffa e orribile(solo stilisticamente)

La Chimera doveva presentarsi come un animale con le caratteristiche di un leone , di una capra e di un serpente ed io, traendo ispirazione dalla scultura bronzea di Arezzo, tracciai una creatura che portasse in se caratteristiche equilibrate di tutti e tre gli animali.

Storia riadattata della Chimera tratta dal quaderno di “Monsters”

La maledizione divina ha molte forme nella storia e nel mito. La Chimera altro non era che una di queste. Quando un leone e un serpente lottarono fra loro per i resti di una capra uccisa da entrambi, la punizione che ne ricavarono fu quella di formare un'unica creatura, uniti per sempre al corpo dell’animale che avevano straziato. Nacque così una nuova creatura, capace di volare con possenti ali e di sputare fuoco, dai denti velenosi del serpente e dal ruggito altisonante del leone: la Chimera .
Per oltre un decennio castigò la terre della Grecia bruciando le messi e le dimore e uccidendo uomini e bestiame, fin quando si erse un eroe, l’unico riuscito a domare lo stallone alato Pegaso: il giovane Bellerofonte.
Egli, usando un abile stratagemma sconfisse e uccise la Chimera o perlomeno le sue vestigia mortali, dal momento che lo spirito del mostro, essendo maledetto dagli dei, continuò a vagare in cerca di una specie in cui attecchire il proprio gene maligno e la propria aura magica, trovandola infine in quella dei grifoni .
I rappresentanti alati di questa specie infatti erano in grado di volare e di sputare lingue di fuoco, considerati da tutti come i discendenti di questa potenza malvagia del passato.

Nella mia rielaborazione ho aggiunto al corpo del mostro un paio di possenti ali, non perché il mito le citi( infatti il mito non ne fa parola ), ma perché ,avendo Bellerofonte utilizzato l’ausilio di Pegaso per ucciderla, ho presunto che volasse e quindi che fosse una creatura alata.

Gli effetti che ho utilizzato nella rielaborazione al computer sono il Frosted Glass , per quanto riguarda il corpo caprino , l’effetto Cloud per quanto riguarda le nuvole le ali e la fiamma che fuoriesce dalla bocca leonina del mostro.

Come detto in precedenza , gran parte della mia ispirazione è dovuta alla scultura etrusca ritrovata ad Arezzo che raffigura proprio quest’animale mitologico.



La Chimera di Arezzo












Daniele Tartaglia

giovedì 14 giugno 2007

Attenzione a Keplero!


Come non possiamo escludere che un' equazione si spieghi tramite il trascendente

Intervengo sul pregevole post di Ilario Ferrari "La vita...un'equazione", che ritengo molto intelligente e per questo lo sottopongo ad una personale critica.
Che il mondo sia retto dal caso rappresenta nel campo scientifico una chiusura totale del progresso ed effettivamente non ci aiuta a capire molto di più, soprattutto perché questo mondo fatto al caso e dal caso non approda a nulla e non cambia nulla. Come scriveva Abraham de Moivre nella "Doctrine des chanses", gli stessi argomenti portati a supporto della nozione di fortuna possono essere utilizzati per stabilire una adeguata comparazione tra Caso e Disegno, tanto da poter calcolare la probabilità che stessi eventi potrebbero essere prodotti da entrambi.

Da questo punto di vista ammetere il caso non è che un altro modo di ammettere il disegno intelligente, e quindi ponendosi dall'inizio in contraddizione con la stessa esclusione della mano di un creatore o di un architetto (ciò, ben inteso, non elimina entrambe le teorie ma ammette come scientifica anche l'ipotesi di un disegno o di un agente intelligente nel momento in cui vogliamo farci affascinare dalla casualità).

Il punto però non è questo, ma è ben presentato dal seguente periodo: "Il punto è che forse, lo sgomento che si prova è perché per qualche motivo questa logica non ci è concessa".

Al di là di cosa si ammette per spiegare il mondo e il suo cammino, Ferrari ammette una logica, ammette un meccanismo, ammette una spiegazione e si colloca nelle linee di pensiero che hanno permesso alle idee prescientifiche dell'antichità di trapassare nella scienza moderna, tra Nicola Cusano e Newton (l'ultimo dei misitici).

Che il mondo possa essere spiegato e che abbiamo la possibilità di scoprirlo nella sua realtà, fu la spinta fondamentale che cominciò a maturare nel Medioevo, fondata su un pensiero niente affatto scientifico.

L'idea di progresso, di importanza dell'operare dell'uomo nel mondo e di vivere nella prospettiva di una sua salvezza a lui donata, essendo l'unico essere razionale capace di poter avvicinarsi a ciò che è profondo e nascosto, sono i risultati della teologia di Sant'Agostino e di San Tommaso, sono il ritorno, tramite l'idea di un Dio che si era fatto uomo (Cristo), di una serie di vittorie che la ragione poteva conquistare nell'antichità (la scienza era già tutta preparata dai babilonosi fino a Pappo di Alessandria) ma che non riusci a portare alla luce poiché quell'elemento divino non si era mai manifestato, era lontano, era un motore immobile o una copia irragiungibile, un infinito che si cercava di non definire e neanche di manipolare.

Lo sgomento che si veniva man mano formando nell'uomo all'alba del rinascimento era quello della creazione rivelata, di una armonia riscoperta nel mondo, di un' anima mundi non più distaccata dall'uomo, ma rese tale per l'uomo e per far si che l'uomo la potesse scoprire nel nome di un creatore che ce l'ha disposto. Questo è il libro della natura scritto in caratteri matematici da Dio per Galilei come per Keplero.

Ecco, sono arrivato al mio punto: "Attenzione a Keplero!", cioè bisogna fare attenzione nel voler ridurre la scienza alla spiegazione del mondo tramite equazioni, soprattutto perché le equazioni, le definizioni, i teoremi e gli stessi numeri che maneggiamo sono delle sistemazioni arbitrarie che abbiamo formulato a mo' di rigore, di astrazione e di assiomatizzazione, ma che non nascono dalla nostra mente in modo necessario: l'"equazione" non è sufficiente per scoprire qualcosa, ma è necessaria solo come strumento per significare qualcosa.

La scoperta del mondo e del suo meccanismo è ammessa per fede in una logica, ma per fede, non per la certezza che la terra giri secondo una equazione. La matematica era un mezzo per interpretare Dio e il suo magnifico orologio che ci veniva chiaramente messo al polso, ma dal fatto che Dio pensi da matematico non possiamo dedurre che sia lui stesso deducibile dalla matematica ( il concetto di infinito è e sarà sempre legato ad un concetto di limite, una quantità che manipoliamo, che "tende a" che mai riusciamo ad ingabbiare, da Parmenide a Cantor).

Presentiamo un breve caso storico su Keplero: il problema della determinazione delle distanze dei pianiti dal Sole e dei loro rapporti. Seguendo una ispirazione mistica (pitagorica e neoplatonica) Keplero si convinse che il numero dei pianeti,6, dovesse essere connesso con il numero dei poliedri regolari,5, che corrisponde al numero dei rapporti delle distanze dei pianeti con quella massima. Suppone allora che nella sfera di Saturno venga inscritto un esaedro. La sfera inscritta nell'esaedro sarà la sfera di Giove. In questa viene inscritto un tetraedo e questa sarà la sfera di Marte. Allo stesso modo si iscrivono le sfere del dodecaedro, icosaedro e ottaedro relative a Terra, Venere e Mercurio. Così le posizioni delle sfere planetarie e le distanze del Sole restavano determinate.

La coincidenza di questi numeri era la prova di una misteriosa armonia dell'Universo che esprimeva il disgeno della Creazione: la base di un tale convincimento è intrisa di misticismo, numerologia, kabala, e visioni magico-esoterice della natura.
Ma se ancora non bastasse, prendiamo uno dei maestri di Keplero, Tycho Brahe, uno degli astronomi "pratici" del Rinascimento, che nel suo Astronomiae Instauratae rigettava il sistema tolemaico e quello copernicano, il primo per ragioni di complicatezza e il secondo perchè "l'autorità delle Sacre Scritture si oppongo ad esso". Anche se il suo contributo riguardava solo una mole immensa di dati ed osservazioni, fu grazie a queste che Keplero fondò la base solida per calcolare i valori esatti dell'eccentricità delle orbite planetarie: i dati di un credente che asseriva "credo, fermamente e senza riserve, che la terra immobile debba essere posta al centro del Mondo, in accordo con le credenze degli astronomi e dei fisici antichi e le testimonianze delle Scritture".

Allora, che una logica esista, possa essere scoperta a tratti, e a volte ci sia nascosta, non esclude il trascendete, ma anzi non si pone proprio il problema di mettere in discussione la fede in qualche ente infinito e onnipotente. Questo è stato il presupposto che ha fondato il pensiero scientifico moderno, dando la possibilità all'uomo di ammettere con certezza una ipotesi o un ragionamento tramite induzione matematica.

Ma dire che la scienza, ossia questo insieme di conoscenze che troppo facilmente si vuole liquidare come un sapere formale e rigoroso, possa avere l'ultima parola su tutto e su questa base porci la domanda retorica "cosa ci da la certezza e la convinzione che un argomento non possa essere oggetto di scienza?", significa relegare nell'ambito dell"estetico e dell'accessorio "la filosofia, la musica, l'arte", ossia tutto quel bagaglio di conoscenze che hanno per secoli potuto dare forma a quell'incubo che oggi ci schiaccia ma che fu prodotto essenzialmente come strumento per renderci più capaci di vedere la magia del mondo senza averne paura.

"L'uomo ha bisogno di provare quella sensazione di estasi, di estraniamento della realtà": concordo con questa frase e credo rappresenti per i fisici come per i compositori di musica lo stesso momento di tensione verso una nuova ipotesi o creazione (non una nuova equazione o una nuova nota scritta).
Sono convinto perciò che la scienza si giustifichi per fede, per estasi, per credenze e per misteri, anche perché se non lo fosse rimarrebbe un mostro capace di negare qualsiasi cosa pro certo, volendo anche se stessa.

Davide De Caprio

sabato 9 giugno 2007

La vita....un'equazione

Certe volte capita di osservare con sgomento la complessità del nostro mondo, ed impotenti nel dare esaurienti spiegazioni a molte delle cose che ci accadono, spunta inesorabile in noi l’esserino che incomincia a farci pensare al trascendente.

Per lo meno è quello che mi accade.

Credo che in fondo la domanda di cui molti vorrebbero la risposta è:

“Tutto ciò che non possiamo spiegarci è tale perché non siamo ancora giunti ad un adeguato livello di sviluppo scientifico?”

Il discorso è ovviamente complesso, ci sono di sicuro molti punti di vista al riguardo:

1. C’è chi ciecamente fiducioso nella scienza è convinto che il continuo ed illimitato progredire dell’uomo porti ad un “The End”.

2. C’è chi crede che la scienza non possa spiegarsi tutto perché ci sono “cose” che per loro natura trascendenti non possono essere proprio oggetto di “un equazione” un esempio blasonato è l’esistenza di Dio.

Sia chiaro che sto tentando di avere un approccio gnoseologico all’argomento, non sto discutendo se effettivamente tutto il progresso scientifico è un beneficio per l’umanità!

3. Ci sono poi scienziati che credono che non possiamo spiegare tutto, non si sa se potremmo farlo, ma comunque “l’uomo è tutto qui” , cioè non vi è nulla di trascendente nel mondo.

4. Ho notato che esprimere il primo punto di vista è stato semplice data l’evidente superficialità del concetto espresso, il secondo è più complesso ma vista la sua democraticità (come dicesse a ciascuno il suo) non mi è risultato difficile spiegarlo.
Si fa invece una difficoltà immane a supportare il terzo pensiero senza cadere in contraddizione, ed in realtà si finisce per farlo.

Il primo punto di vista a mio giudizio è tipico di chi non è uomo di scienza o veramente appassionato, per fare un esempio, un musicista principiante crede di poter riprodurre tutto e subito quello che sente, un musicista esperto sa quanto studio gli serve per riuscire ad eseguire correttamente un brano, e se può effettivamente farlo.

Il secondo era quello che avrei supportato fino ad un po’di tempo fa, però cosa ci da la certezza e la convinzione che un argomento non possa essere oggetto di scienza?

E’ risaputo che alcune tematiche che in passato si ritenevano trascendenti, in realtà sono regolate da un equazione! (Es. il sole, le stelle e le leggi di Keplero).

Per avallare la terza ipotesi senza usare concetti che rimandino ad una qualche trascendenza, bisogna inevitabilmente fare un’apologia del caso, della casualità.

La domanda è: è ammissibile affermare che certe cose avvengono per caso?

Provo ad esporre ora il mio punto di vista partendo proprio da questo.

Credo che parlare di caso nel 2007 sia a dir poco assurdo…

Cosa vorrebbe dire avviene per caso, come si può giustificare un concetto con l’ingiustificabile?

Questa secondo me è la pecca di molti punti di vista odierni.

Potrà spaventare , questo sì, ma “purtroppo” tutto avviene con una spiegazione ed una logica.

Il punto è che forse, lo sgomento che si prova è perché per qualche motivo questa logica non ci è concessa.

E’ come se la vita umana fosse un equazione ad un infinito numero di variabili, che per nostra natura di esseri finiti non possiamo comprendere.

E’ questo il motivo per cui esiste la filosofia, la musica, la religione l’arte….

L’uomo ha bisogno di provare quella sensazione di estasi, di estraniamento dalla realtà… per non essere schiacciato dalla crudezza del fatto che le cose forse avvengono perché il tutto deve andare così e non altrimenti.

venerdì 8 giugno 2007

Graffiti-Tra arte atavica e moda odierna.#3

Nelle precedenti trattazioni sull’arte del graffito abbiamo visto la sua origine etimologica e fenomenica, oltre alla la sua evoluzione nel tempo, nello spazio e nelle tecniche rappresentative.

Trattando la parte storica, abbiamo colto l’importanza culturale e scientifica rappresentata dalle scanalature colorate dei nostri antenati, mentre nella parte riguardo la tecnica moderna ,i procedimenti per far rivivere quest’arte sopita nel tempo attraverso due modalità: la prima con l’ausilio di strati di intonaco dalle diverse tonalità, la seconda tramite la stratificazione di colori pastelli morbidi, l’incisione della quale riporta alla luce i colori più chiari coperti da quelli più scuri.

Abbiamo visto quindi il graffito nell’arte “cavernicola” e in quella moderna, trattiamo ora il graffito calato nella società dei nostri giorni, dove ritrova, a volte, quella funzione che gli ha dato la vita, la celebrazione di alcuni momenti o la battaglia quotidiana contro la noia , facendo qualcosa di eclatante, di evidente nella vita sociale che spesso ci attanaglia.

Occorre innanzitutto fare una distinzione tra termini che spesso, oggi, vengono confusi e associati all’idea di un'unica tecnica rappresentativa: il graffito e il dipinto murale, entrambi tipi di arte figurativa che si esprimono e concretizzano sulle pareti di edifici e cinte murarie, ma i contenuti dei quali si differenziano per storia e fenomenologia sociale.

Infatti mentre il graffito nasce negli ultimi anni del ventesimo secolo insieme alla cultura Hip-Hop ed alla musica rap negli U.S.A. ,invece i primi esempi di murale si trovano agli albori dello stesso secolo, più precisamente negli anni Venti con il fenomeno del “muralismo messicano”, movimento artistico votato alla divulgazione degli ideali politici e dell’importanza della cultura, nella lotta contro l’oppressione.

Grandi esponenti dell’arte del murale furono artisti come Rivera e Siqueiros, il quale tra l’altro fu anche il primo a sperimentare nuovi metodi di colorazione, tramite l’utilizzo dell’aerografo e delle vernici ad essiccazione rapida, utilissime per i murales esterni.

Il graffito non ha mai avuto scopi puramente politici o culturali, avendo anche la semplice funzione dell’affermare l’esistenza delle crew, gruppi di ragazzi a volte identificati in una particolare etnia, connotate dal desiderio di far conoscere la propria esistenza all’interno della società, molte volte sprezzante o semplicemente indifferente alle proteste mosse dal mondo di giovani o emarginati.

Le prime “opere” del graffitismo infatti, non sono altro che il nome dei tali gruppi o crew modulati e scritti in modo tale che potrebbe essere difficile, anche ad un occhio esperto,coglierne il significato, dal momento che nella scrittura delle tags viene applicato lo stile evolutivo delle lettere alfabetiche denominato lettering.






Ed ecco un esempio di graffito rappresentante una scritta. Come si nota, la rielaborazione grafica delle lettere rende quasi irriconoscibile la parola rappresentata.





Ecco un altro esempio di graffito o tag, stavolta rappresentante una caricatura fumettistica di un mondo immaginario. In questo come anche in quello in alto è evidente il gioco di sfumature reso possibile dall’uso delle bombolette a spray o aerosol (da cui il nome aerosolart).


Molto importante è anche il contesto socio-culturale nel quale questa forma di arte “vandalica” viene a nascere: il mondo dell’Hip-Hop.

Si è infatti venuta a formare una sorta di gerarchia tra graffitisti (detti anche writers), che vede i b-boys e le fly-girls, aver formato un proprio codice interno, riguardo a cosa taggare o dove farlo (i monumenti , per esempio, sono ritenuti inviolabili quindi impossibili da toccare) e alla lotta perenne di chi vive il mondo delle crew contro coloro che lo emulano per moda (i cosiddetti toys che, a differenza dei writers, non si fanno problemi ad imbrattare anche monumenti o opere d’arte).

Insomma l’arte del graffito, tra arte atavica e moda odierna ha pur sempre mantenuto una funzione sociale rilevante: celebrativa, di protesta o di affermazione che sia, infatti resta sempre una forma di espressione alla portata di tutti noi, potenziali artisti.


Daniele Tartaglia

giovedì 7 giugno 2007

Music News

Traffic Torino Free Festival: si aggiungono i Subsonica


Sono Ivan Segreto e i Subsonica gli artisti che arricchiranno il cast della serata conclusiva del Traffic Torino Free Festival 2007. La band torinese è stata invitata da Franco Battiato per partecipare ad un happening intitolato "Ampie vedute nel vuoto" a cui parteciperà anche Antony & The Johnson, in programma presso il Palco della Pellerina. Aprirà la serata il cantautore siciliano Ivan Segreto.Il festival torinese si aprirà il prossimo 11 luglio con il concerto di Lou Reed che riproporrà il suo storico album "Berlin". Di seguito il programma completo.11 luglio: Lou Reed12 luglio: Daft Punk, LCD Soundsystem, Who Made Who13 luglio: Arctic Monkeys, Coral, Art Brut14 luglio: Franco Battiato con la partecipazione di Antony & The Johnsons e Subsonica, Ivan Segreto.


'Mus.it', prima edizione: 'Per fare di Milano una capitale della musica'

Rendere Milano per la musica quello che Roma è per il cinema: ne sono convinti Ferdinando Salzano, da anni alla guida di Friends and Partners, il patron del Festivalbar Andrea Salvetti e l'assessore allo sport e tempo libero del Comune di Milano Giovanni Terzi, che oggi - tra reciproche attestazioni di stima - hanno presentato alla stampa la prima edizione di "Mus.it", settimana della musica che animerà il capoluogo lombardo tra i prossimi 8 e 15 giugno.
Molta la musica "parlata" ("Perché", come sostiene Salzano, "Milano offre già un'amplissima offerta di concerti, contro pochissimi eventi di rilfessione musicale"), che affronterà il mondo delle sette note sia sul versante artistico-umano (con incontri con artisti e addetti ai lavori) che su quello organizzativo-industriale ("Cercando", accenna molto ottimisticamente l'assessore Terzi, "di creare i presupposti per nuove opportunità di lavoro per i giovani in ambito musicale"), mentre "concentrata" nell'ultima serata la musica dal vivo (o, meglio, "live on tracks"), con il galà di apertura di Festivalbar in piazza Duomo (vedi News): Salvetti non si sbottona, riservandosi di rivelare il cast della serata venerdì prossimo, ma compiacendosi per l'approdo del festival nella centralissima piazza Duomo, dopo anni di stanza all'Arena.
E tra una stoccata ai comitati antirumore che spesso popolano gli incubi dei promoter ("Chi vorrebbe proibire i concerti a San Siro preferisce essere l'abitante di un piccolo quartiere, non di una grande città", assicura Terzi), il "Mus.it" annuncia, già alla prima edizione, un ideale gemellaggio con Roma, seppure in differita e per interposta emittente, con la messa in onda il 14 giugno (in prima serata su Italia 1) dei Wind Awards (vedi News). Ecco, di seguito, gli eventi di "Mus.it" giorno per giorno:

venerdì 8 giugno: a Palazzo Marino, alle ore 17, è in programma il convegno "La musica come risorsa". Interverranno, tra gli altri, l'on. Renzo Lusetti, l'autore Giovanni Verdelli, il professor Stefano Baia Curioni, il professor Massimo Lo Cicero, il giornalista Luca Veronese, il presidente della FIMI Enzo Mazza e l'ideatore della "Notte della Taranta" Sergio Blasi. Zucchero sarà presente come ospite speciale.

sabato 9 giugno: alla Piccola Scuola di Circo, in via Solari 40, Momo presenterà il suo album d'esordio.

domenica 10 giugno: dalle ore 18, al "20" di via Celestino IV, si terrà l'incontro "Ti scatterò una foto", con tema il rapporto tra musicisti e fotografia. Coordina Alice Pedroletti. Tra gli ospiti, è certa la presenta di L'Aura e Velvet.

lunedì 11 giugno: alle ore 16, presso la sala Appiani dell'Arena Civica, Massimo Ranieri presenterà il suo libro "Mia madre non voleva. Autobiografia di Giovanni Calone. Che sarei io".A seguire, il direttore di Rockol Franco Zanetti, Massimo Cotto e Michele Monina animeranno l'incontro "Musica... sulla carta. Raccontare i musicisti". Presente, in veste di ospite, il Piotta.

martedì 12 giugno: alle ore 18, presso la sala Appiani dell'Arena Civica, si terrà l'incontro "Dietro le stelle. Produrre la musica", con la partecipazione del produttore Angelo Carrara e degli artisti Povia e Baccini.

mercoledì 13 giugno: alle ore 16, presso il museo di Storia Naturale, il vicepresidente dell'Unicef Vincenzo Spadafora, il direttore dell'Agenzia Generale per i Giovani Luca Bergamo, il critico Gianluca Nicoletti e il giornalista Andrea Laffranchi saranno i protagonisti dell'incontro "I media e i giovani".

giovedì 14 giugno: alle ore 12 Ron visiterà l'Istituto Auxologico San Luca.Alle ore 18, presso l'aula magna del Museo Civico di Storia Naturale, Claudio Cecchetto incontrerà il pubblico discutendo sul tema "Produrre i giovani: una carriera per i giovani".

venerdì 15 giugno: alle ore 15.00, presso la Sala Appiani dell'Arena Civica, Michele Bovi presenterà il libro "Da Carosone a cosa nostra, gli antenati del videoclip".Alle ore 16 e 30, sempre presso la Sala Appiani, il responsabile del progetto Rezophonic Mario Riso parlerà di musica e solidarietà nel corso del dibattito "La musica può fare".Alle 20 e 30, in piazza Duomo, si terrà la registrazione del galà d'apertura del Festivalbar.

Parma rende omaggio a Luigi Tenco


E' "Come mi vedono gli altri" il titolo della giornata-omaggio che Parma tributerà alla memoria del grande cantautore scomparso Luigi Tenco: la manifestazione, programmata per il prossimo 21 giugno, in apertura del "Parma poesia festival", culminerà in una serata speciale che vedrà artisti come Gino Paoli, Enzo Jannacci, Massimo Ranieri, Ricky Gianco, Alice, Morgan, Mauro Ermanno Giovanardi, John De Leo, Luca Faggella e Cecco venire accompagnati dall’Orchestra d’Archi del Teatro Regio nell'esecuzione sia di classici del repertorio dello sfortunato artista che di brani depositati in SIAE da Tenco ma mai pubblicati.
Per maggiori informazioni è possibile contattare l'organizzazione all'indirizzo email festivadellapoesia@comune.parma.it

Source: Rockol.it
L'ingresso a tutti gli eventi è gratuito fino ad esaurimento posti.

mercoledì 6 giugno 2007

Il digitale che fa condividere il passato e l’analogia che ci fa condividere il suono

Omero in 3-D, You Tube per villaggi indiani e l’ascolto di un dinosauro quasi uccello

Un gruppo di ricercatori, in collaborazione con il Centre of Hellenic Studies in Washington, si è trasferito nella biblioteca di San Marco a Venezia, ha istallato una macchina fotografica Hasselblad H1 e scannerizzato con un robot la più antica copia dell’Iliade di Omero esistente (Venetus A): il risultato sarà farne un libro virtuale in XML che potrà essere spedito a chiunque lo desideri tramite il sito Homer Multitext Project:

“The idea is "to use our 3-D data to create a 'virtual book' showing the Venetus in its natural form, in a way that few scholars would ever be able to access," says Matt Field, a University of Kentucky researcher who scanned the pages. "It's not often that you see this kind of collaboration between the humanities and the technical fields.” Wired News

Lo StoryBank è una banca dati contenente immagini che il villaggio indiano di Budikote ha creato, tramite uno schermo piazzato in una zona pubblica. Il dott. Matt Jones della Swansea University è il promotore di questo progetto nell’ambito di una iniziativa dell’ Engineering and Physical Sciences Research Council, il quale cerca di estendere l’utilizzo di risorse tecnologiche a tutte le culture del globo che ancora non ne possono usufruire. Nonostante prenda atto di un approccio ancora distante nei confronti dei mezzi tecnici di riproduzione digitale da parte della popolazione locale, Jones afferma:

“The people of Budikote have a strong tradition of visual and oral history, so we were interested in how we could develop digital technology to enable them to communicate their stories in new ways.” AlphaGalileoNews

Secondo il professore Richard Dooling i dinosauri avevano un apparato uditivo molto simile a quello di grandi mammiferi come gli elefanti, ma con una percezione di frequenze più basse degli attuali. Lo studio è stato presentato oggi alla Acoustical Society of America e si basa sulla comparazione delle membrane basilari di uccelli e dinosauri, facendo notare che nonostante i primi siano più vicini per apparato uditivo, tra gli animali viventi, ai dinosauri, i secondi probabilmente non li avrebbero potuti neppure sentire:

“Interestingly, we sometimes irreverently refer to aging humans as ‘dinosaurs,’” says Dooling. “In fact, as humans age in our noisy environment, we begin to lose our hearing at high frequencies. So, in a sense, our hearing becomes more like that of the dinosaurs.” ScienceDaily

venerdì 1 giugno 2007

Graffiti-Tra arte atavica e moda odierna.#2

I graffiti atavici ,con la loro riscoperta ed l’apprezzato interesse storico-culturale che rappresentano, hanno aperto la strada a sperimentazioni moderne di incisione se non rupestre comunque murale e artistica che prendono il nome di “tecnica del graffito”.

Il graffito moderno si distingue da quello primordiale per il semplice fatto che qualsiasi artista o non che ne voglia fare uno, in casa propria o come opera pubblica, deve affrontare uno specifico lavorio che riguarda, da una parte i bozzetti, i disegni del soggetto/oggetto rappresentato, dall’altra la scelta e stesura di più strati di intonaco, di colori diversi ovviamente, sulla parete che si desidera decorare.

Il lavoro procede poi con l’applicazione del disegno, ingrandito abbastanza per decorare la parte desiderata della parete, con l’applicazione di fori in corrispondenza dei disegni(il che ci ricorda la picchiettatura effettuata dai nostri primitivi avi) e l’incisione dell’intonaco, che mira a riportare alla luce gli strati intonacati sottostanti.

L’opera completata potrebbe mostrare all’inizio dei colori smorti e spenti, ma è qui che entra in gioco la più fedele alleata di queste opere: la luce.





Ecco un esempio di graffito moderno irradiato dalla luce.
Sono ben visibili i giochi luce/ombra.



Il gioco di riflessi ed ombre infatti, rende più gradevole e morbido l’impatto visivo del graffito portato a compimento, il quale non sembra nemmeno ricordare le rozze e stilizzate pitture rupestri del passato, essendone tuttavia un fiero discendente, anche se secondo il mio parere sicuramente molto meno carico di fascino.

Ma la tecnica del graffito non è solo quella che ci permette di fare delle decorazioni murali, infatti assume tale denominazione anche la tecnica che ,penso, almeno la maggior parte di noi si è trovata a fronteggiare durante le ore di Educazione Artistica alle scuole medie inferiori.

A differenza di quella su parete, questa tecnica rappresentativa si effettua su di un foglio con dei colori pastelli a pasta morbida, quali possono essere per esempio quelli a cera o ad olio.

Una volta passati più strati di colori differenti, è consigliato cominciare da colori più chiari e terminare con quelli più scuri, si copre tutta la stratificazione con il nero dei colori da voi scelti oppure con alcune pennellate di inchiostro di china, fino a ricoprire completamente l’insieme dei colori sovrapposti.

La fase finale della tecnica è quella che in realtà da sfogo alla propria fantasia, restando tuttavia la più delicata, dal momento che una distrazione o un movimento sbagliato potrebbero creare uno smacco alla vostra opera, tuttavia talvolta arricchendola di un particolare che nemmeno volendo si sarebbe creato( a voi la scelta).

Con l’ausilio della punta di uno stuzzicadenti o di uno spillo da lana, si incide delicatamente la superficie annerita dal colore o dall’inchiostro, scoprendo i colori sottostanti il nero e dando alle linee che si vanno così tracciando la forma desiderata.

Infine, quando si è finito di incidere il disegno voluto è consigliabile prendere un tovagliolo o fazzoletto di carta per tamponare quanto operato e eliminare residui eventuali dell’incisione o sbafi erroneamente prodotti.

L’arte propriamente detta che si mischia quindi all’architettura decorativa e alla didattica scolastica, rendendoci tutti potenziali artisti del quotidiano, nel quale anche atti di vandalismo sono considerati forme d’arte.

Ma di ciò parleremo un’altra volta.

Daniele Tartaglia