venerdì 31 agosto 2007

Il Wingelosk



I draghi che ho disegnato e che disegno tutt’oggi, nelle mie spinte ispiratrici, hanno la capacità di volare, molto spesso, quella di vivere agiatamente sulla terraferma, quasi sempre, fondendo insieme l’elemento acquatico e terrestre e dando quindi a queste creature una sorta di adattabilità universale al mondo di cui rappresentano parte della forza.

Il Wingelosk, per me un altro figlio della mia sola immaginazione, doveva rappresentare il re assoluto e incontrastato del cielo, non perché fosse il drago più temibile e potente in assoluto, ma perché la sua conformazione fisica e il suo modo di vivere erano indirizzati solo ed unicamente per un esistenza aerea.

Fondamentalmente l’idea base era quella di una creatura in eterno volo perché se solo scendesse a terra sarebbe vulnerabile anche ai predatori più comuni, per questo lo avevo munito di ali enormi e di un corpo relativamente piccolo, di zampe anteriori robuste adatte ad afferrare le prede e sbranarle in volo, ed infine di una coda prensile munita di un arpione osseo aggiunto solo in seguito alla mia prima rielaborazione.





Il primo bozzetto del Wingelosk ci presentava questa creatura come una sorta di drago deforme, la cui unica fortuna era quella di possedere delle ali maestose, in grado di renderlo temibile e potente nel suo ambiente naturale ,il cielo






Il mio rifacimento intendeva dare al Wingelosk una nuova forma, un drago che non era deforme ma che rimaneva comunque terribile, sia nell’aspetto che nel modo di cacciare, una creatura i cui arti e le cui caratteristiche fisiche stavano ad indicare un forte adattamento alla sua condizione di essere celeste, anche il colore infatti era la chiara evidenza di tale adattamento.

Storia riadattata del Wingelosk dal quaderno di “Monsters”.

“Altro esponente delle razze primordiali, il Wingelosk era un temibile predatore dei cieli, una creatura le cui zanne erano in grado di sbranare in pochi minuti anche animali immensi, una volta arpionati con al sua coda e afferrati con le possenti zampe anteriori.
Era molto vulnerabile sulla terraferma, a causa del poco sviluppo avuto dalle sue zampe posteriori, e per questo camminava molto lentamente durante le sue brevi fasi vitali in cui era costretto a terra dal bisogno di accoppiamento o dal periodo in cui le sue immense ali facevano la muta della pelle membranosa che le rivestiva .Infatti questo drago conduceva la sua vita perennemente in volo, cacciando e cibandosi con quanto cacciato in volo, mettendo a riposo metà dell’emisfero cerebrale, come fanno oggi i delfini, invece di dormire adagiandosi su qualche giaciglio a terra. Sopravvissuto fino all’avvento delle prime città umane , era conosciuto anche con il nome di torcia alata, dal momento che quando sorvolava le città o i presidi questi subito dopo ardevano di un fuoco distruttore ed indomabile fino all’estinzione spontanea che significava sempre la completa distruzione di quanto bruciava. La sua razza non si estinse mai ma segui un’evoluzione che lo fece conoscere con nomi diversi nel mondo.”

Tecnicamente non ho usato effetti particolari nel mio rifacimento ultimo se non quello che è denominato “Gradient” per l’effetto della luce del sole al tramonto il cielo dove il nostro protagonista sta volando in tutta la sua maestosa eleganza.


Daniele Tartaglia.

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