sabato 17 maggio 2008

Uomini o Transuomini?

Osservando l'evolversi della scienza, del mercato musicale, dell'economia in generale e delle nostre vite, mi sono sorti degli interrogativi:

Che posto occuperà in futuro la musica e l'arte in generale nelle nostre vite?

Il mondo che stiamo tirando su che ruolo lascerà alle arti?

La realtà è indubbiamente quella di una società, sempre più globale, che spinge il mercato unicamente verso investimenti nel campo della tecnologia, promuovendo l'idea che l'uomo non sia altro che una macchina, un computer sempre perfettibile, che lavora, si riproduce e lotta per sconfiggere tutte le malattie che deve affrontare nella sua vita.

Sento che l'uomo sta lentamente ma inesorabilmente distogliendo l'attenzione dalla sua umanità.
E' come se, con l'avanzare del progresso, riuscissimo a percepire sempre meno la differenza tra i concetti di quantità e qualità che diventa sempre più labile; l'evidenza di ciò sta nel fatto che cerchiamo sempre più di guadagnare tempo nei confronti della nostra vita: mezzi di trasporto sempre più veloci, vita media più lunga ecc...

Alla fine siamo talmente concentrati sul correre per arrivare prima non si sa dove (perché la fine non la vede nessuno) che perdiamo di vista tutto quello che ci passa davanti agli occhi, tutte le situazioni in cui potremmo fermarci un po'.

Si comprende che se fosse davvero questa la tendenza generale, l'arte avrà sempre uno spazio minore nelle nostre vite.

All'opposto di ogni frenesia, l'arte è una riflessione fine a se stessa, un abbandono fuori dal tempo, un momento che ti rende unico.

Purtroppo sembra proprio che lo spazio per “fermarci” stia diventando sempre meno, lo si nota particolarmente in quelle arti che per loro natura necessitano di una pausa maggiore che sono oramai del tutto marginali nelle nostre vite, pensate ad esempio alla pittura o alla poesia.

La musica ancora si salva, ancora oggi la maggior parte della popolazione mondiale si sentirebbe persa se deturpata della sua musica.

Purtroppo però tale tendenza la si nota anche in campo musicale, con la nascita dell'mp3 la musica la si porta tutta con sé, migliaia di pezzi su un cellulare che allo stesso tempo funziona come navigatore, calcolatrice....

In tal modo il tempo da dedicare alla musica è stato compresso, per lasciare spazio alla famigerata quantità, alla corsa contro il tempo.

A livello culturale la testimonianza di questa tendenza del mondo di oggi è rappresentata da alcune filosofie nate dalla seconda meta degli anni novanta, l'esempio più eclatante è il Transumanesimo.

In sintesi i transumanisti parlano così:

1. L'umanità sarà radicalmente trasformata dalla tecnologia del futuro. Prevediamo la possibilità di ri-progettare la condizione umana in modo di evitare l'inevitabilità del processo di invecchiamento, le limitazioni dell'intelletto umano (e artificiale), un profilo psicologico dettato dalle circostanze piuttosto che dalla volontà individuale, la nostra prigionia sul pianeta terra e la sofferenza in generale.

2. È necessario uno sforzo di ricerca sistematico per comprendere l'impatto di tali sviluppi per ora all'orizzonte e le loro conseguenze sul lungo termine.

3. Occorre un'apertura mentale che ci permetta di adottare tali tecnologie invece che di tentare di proibirne l'uso o lo sviluppo.

4. Sosteniamo il diritto individuale di espandere le capacità fisiche ed intellettuali e di aumentare il controllo sulla propria vita. Aspiriamo ad una crescita personale ben al di là delle limitazioni biologiche a cui siamo oggi legati.

5. La perdita di potenziali benefici, a causa di tecnofobia e proibizioni immotivate sarebbe una tragedia per il genere umano. Dobbiamo comunque tenere presente che un disastro o una guerra, causati o resi possibili da una tecnologia avanzata, potrebbero portare all’estinzione di ogni forma di vita intelligente.

6. Sono necessari luoghi di incontro in cui discutere razionalmente e strutture sociali per decisioni responsabili.

7. Il transumanismo è fautore del benessere di tutti gli esseri senzienti (siano questi umani, intelligenze artificiali, animali o potenziali esseri extraterrestri) ed include molti principi dell’umanesimo moderno. Il Transumanesimo non è legato ad alcun partito o programma politico.
Su questo link potete vedere un servizio approfondito di Rai3 su tale scuola di pensiero (http://ieet.org/index.php/IEET/more/raitv06)

Personalmente trovo tutto ciò una seria minaccia per il genere umano, svincolare la scienza dalla tecnica ed ancor più svincolare la scienza dall'etica, vuol dire prendere di volta in volta sempre il peggio da ogni scoperta.

Ogni innovazione può essere sia un beneficio che un maleficio per l'umanità, sta a noi restare con la consapevolezza che siamo e resteremo sempre uomini, che soffrono e muoiono, ma che d'altro canto amano ed hanno bisogno dell'arte e delle emozioni per vivere.

Ilario Ferrari

sabato 3 maggio 2008

Arriva in Italia il primo lettore MP3!

E' così che nel 1998 Davide Pellegrino annunciava in una delle prime rubriche tecnologiche su Internet, l'avvento del lettore mp3 in Italia, si chiamava MpMan, ideato da un'azienda coreana Saehan Information System Inc e commercializzato nel nostro paese da Spider electronics.


Tale innovazione tecnologica fu davvero una di quelle che ha rivoluzionato le nostre vite, una trovata genialeche veniva pubblicizzata così:

“Concepito per funzionare come un normale Walkman (viene fornito completo di cuffie), registra e riproduce i file audio Mp3. Grazie al supporto di collegamento su porta parallela e al software in dotazione si può connettere al computer e scaricare i file prelevati dai siti Internet. Inoltre, grazie ai programmi inclusi che trasformano le tracce Cd in formato Mp3, si possono registrare su MpMan anche le tracce dei Cd musicali.”

Ciò inevitabilmente ci fa sorridere, ai giorni nostri tali operazioni sono più che quotidiane, ma se si pensa che all'epoca il dispositivo portatile più diffuso per sentire la musica era il Walkman, fu una cosa sensazionale.

Il motivo per cui tali dispositivi non sono solo entrati a regime nelle nostre vite ma si sono sviluppati fino a raggiungere livelli impensabili all'epoca, è che hanno risposto ad un esigenza sempre più diffusa nei giovani di poter ascoltare ovunque con se la propria musica, senza doversi preoccupare di scossoni, nastri che invecchiano, cd che si rovinano....

Il dispositivo ovvero era completamente digitale senza parti meccaniche in movimento, di dimensioni ridotte per l'epoca.

Ovviamente non tutte le trovate associate a tale innovazione furono brillanti, non prevedendo che nei dieci anni a seguire lo sharing di file mp3 sul Web sarebbe diventato la principale forma di distribuzione della musica, quelli della Saehan si inventarono una MpStation, udite udite.... un distributore automatico di canzoni a pagamento.

Ogni distributore doveva poi essere collegato al server di MpStation attraverso ISDN e installato in molti luoghi pubblici: aeroporti, i terminal dei bus, i sottopassi delle metropolitane, le librerie, i negozi di dischi, gli Internet Cafè.

L'immagine pubblicitaria era questa:

Il modello Mp-F10 con 32 MB di memoria veniva venduto a 550 mila lire; mentre il modello Mp-F30 con 64 Mb costava 695 mila lire.

Questo dispositivo è stato il precursore di qualcosa di incredibile, ma a mio avviso dopo 10 anni di sviluppo, che in campo tecnologico sono un eternità, si può serenamente dire che il primo premio di migliore innovazione spetta proprio al formato mp3, che sta per Motion Picture Expert Group-1/2 Audio Layer 3 (Mp3), noto algoritmo di compressione del formato audio che vide la luce nel 1992, in grado di memorizzare un suono riducendo al minimo la quantità di dati (dunque di bit) necessari, rimanendo comunque molto fedele al file originale grazie agli studi della branca della fisica detta Psico acustica.

Ilario Ferrari

martedì 22 aprile 2008

Edward Norton Lorenz

Una vita per il caos


Due giorni fa mi ha colpito la notizia della scomparsa di Edward Norton Lorenz uno dei più grandi scienziati del novecento, una di quelle persone che, a mio avviso, ha gettato con la sua ricerca una pietra fondamentale nel futuro della scienza.

E' morto a Cambridge, in Massachusetts, all'età di novant'anni. Tra i più grandi meteorologi di tutti i tempi, è passato alla storia come padre della teoria del caos. Nato nel 1917, quando ancora le previsioni meteorologiche non erano che fantascienza, Lorenz durante la Seconda Guerra mondiale fu previsore per l'esercito americano e decise di consacrare la sua futura carriera a migliorare la qualità dei bollettini meteo.

Dotato di una solida formazione matematica, come docente al MIT di Boston cominciò negli anni Sessanta a sviluppare su rudimentali computer i primi modelli di simulazione matematica della circolazione atmosferica. Immettendo i dati in un calcolatore a valvole che oggi guarderemmo come un pezzo di archeologia informatica, egli si accorse che se, per risparmiare tempo e spazio, arrotondava alcune cifre decimali, otteneva risultati completamente diversi da quelli che il computer forniva usando numeri completi.

Ciò era contrario al comune intuito che sanciva come a piccole cause corrispondano piccoli effetti. Andando poi a prendere un caffè mentre aspettava il responso del computer, Lorenz aveva coniato il concetto di "elevata sensibilità alle condizioni iniziali", o "effetto farfalla", dall'aforisma che pronunciò molti anni dopo, nel 1979, all'American Association for the Advancement of Sciences: "Può il battito delle ali di una farfalla in Brasile scatenare un tornado in Texas?" La portata di questa domanda è fenomenale, e ovviamente è stata supportata da lui con solide argomentazioni matematiche nonchè appunto sperimentali, in tempi lontanissimi dalla microelettronica digitale.

Brevemente un sistema fisico si definisce caotico se sono verificate le senguenti tre condizioni:


- Sensibilità alle condizioni iniziali, ovvero a variazioni infinitesime delle condizioni al contorno (o, genericamente, degli ingressi) corrispondono variazioni finite in uscita.

- Imprevedibilità, cioè non si può prevedere la risposta del sistema in anticipo.

- Il sistema non evolve verso l'infinito per nessuna variabile.


Edward Norton Lorenz dovette attendere quasi vent'anni perché altri ricercatori cogliessero la portata di questa scoperta aprendo la strada alla scienza del caos. L'effetto farfalla non agisce solo sull'atmosfera, impedendo di fare previsioni attendibili oltre i dieci giorni a causa dei piccoli errori iniziali che si amplificano; è infatti uno dei modi con cui funziona la natura, e pure noi stessi.

Ovviamente la teoria del caos è tutt'altro che una teoria distruttiva che impedisce alla scienza di fornire un modello matematico adeguato per tali fenomeni fisici, anzi proprio tale teoria permette ora di prevedere come funzionano molti sistemi naturali, con la consapevolezza matematica che il caos se pur non ci lascia prevedere perfettamente il futuro, generando sorprese e biforcazioni nette, ma se noto si può dominare, gli si può attribuire il giusto peso.

Si può cioè venire a patti tra bontà della soluzione fornita dal modello, le ipotesi fatte ed il "caos" inevitabile. Questo è ciò che Lorenz ha fatto, e sulla sua scoperta, frutto inatteso di un computer lento e primitivo, si basano oggi i bollettini meteo, le simulazioni dell'andamento delle borse, dei comportamenti delle cellule in un organismo vivente, del flusso di sangue in un vaso sanguigno.

E' straordinario come la teoria del caos ed il neologismo "Effetto Farfalla" siano poi entrati nell'immaginario collettivo, tanto da essere addirittura spunto per numerosi film di cui cito ad esempio "Jurassic Park" del 1993 diretto da Steven Spielberg.


Ilario Ferrari

venerdì 18 aprile 2008

Il Drago Jena ( Dracon Ridens)

I mio ultimo rifacimento del drago.

Già nelle storie precedenti il ciclo bretone della letteratura anglosassone , veniva citata la lotta di due draghi , gli stessi che nella leggenda il mago Merlino , molti anni dopo scorse imprigionati sotto le fondamenta del castello di Vortigern, un'ala del quale crollava sempre a causa della presenza di queste creature.

Proprio prima di essere imprigionati questi due draghi , per simbologia uno rosso e l'altro bianco, si contravano in una lotta annuale che non avrebbe mai coinvolto gli abitanti del regno vicino se non fosse per un particolare, il grido di guerra del drago rosso.

A causa di quel grido, secondo la leggenda, che durava settimane intere, le donne abortivano , alcuni impazzivano , le galline smettevano di produrre uova e le mucche non producevano più latte , le stesse piante sembravano avvizzire , condannando così la popolazione alla fame.

Nella mia immaginazione bambinesca fui così colpito dalla storia del grido del drago rosso, che volli immaginare quel drago come appartenente ad una specifica razza di drago ,e quindi ecco spiegata l'ispirazione per la realizzazione del Drago Jena.

Forse qualcuno si chiederà come mai questo è il primo drago da me presentato che reca in parentesi anche una sottospecie di nome scientifico:la risposta è semplice , dal momento che quel nome è stato apposto solo dopo aver colmato la mia ignoranza puerile ed aver scoperto che forse non tutti nell'Europa medioevale , quando immaginavo fosse sorto questo drago,potevano conoscere la parola jena .

Nonostante possa sembrare di nole massiccia e grande non lo avevo immaginato un grande drago e ,proprio per questa caratteristica avevo ideato ,pensando all'ispirazione ricevuta dal racconto bretone, una sua peculiarità:un grido gutturale acutissimo che stordiva prede e nemici e grazie al quale era ingrado di uccidere le prime e fuggire i secondi.

















Il penultimo rifacimento del Drago Jena(sopra) e il suo primissimo bozzetto(a destra)












Per quanto riguarda i tratti della creatura e in generale le caratteristiche del suo aspetto , posso dire che questo è il drago disegnato da me al quale sono più affezionato , perchè dovete sapere che fu il primo drago in assoluto di Monsters,la mia piccola enciclopedia illustrata di mostri mitici e leggendari , arricchita da quelli partoriti dalla mia immaginazione.

E parlando di immaginazione possiamo dire che il drago Jena fu veramente quello in cui io mi sbizzarrii nel trovare quante più caratteristiche apporvi, dalle protuberanze ossee sul dorso e sotto la mascella alle corna disposte in modo particolare, dall'aspetto degli occhi a quello della conformazione mascellare, in poche parole grazie al ciclo bretone ebbi l'ispirazione , ma la mia immaginazione ha voluto la supremazia nel tracciare questa creatura.

Storia riadattata del Drago Jena tratta dal quaderno di "Monsters".

"Vi sono alcune incertezze sull'origine del Drago Jena.Infatti il suo sorgere , esattamente in corrispondenza con l'inizio della rovina della razza Claisthros , ha fatto presupporre che questa creatura non fosse altro che una possibile forma assunta da quella razza , per la propria sopravvivenza. Verrebbe così spiegata anche l'estinzione della stessa razza del Drago jena , qvvenuta per una moria in credibile di esemplari , conseguenza forse di uno sforzo a sopravvivere perpetrato troppo a lungo.
Era un drago conosciuto per la sua incredibile ferocia e venne più volte avvistato in diverse zone del mondo , scambiato molte volte con la Viverna , per il gusto di uccidere le sue vittime,evidente nelle sue azioni.
Anche se aveva la capacità di emettere un respiro bruciante come il fuoco, la sua arma principale , sia nella caccia sia nella difesa era il suo urlo gutturale.
Era un urlo acutissimo che assomogliava in qualche modo al verso delle jene, alla loro risata demoniaca , grazie al quale stordiva le proprie vittime e le uccideva senza esitazione.
A differenza del Claisthros , suo probabile progenitore il Drago Jena cacciava in gruppo e utilizzava tattiche di predazione, degne di un branco di leoni.
Il motivo di questa solidarietà risiede nel fatto che non era un drago particolarmente grande , gli esemplari più grandi misuravano appena quattro metri di lunghezza e poco più di due in altezza, altro motivo che fa pensare alla sua possibile provenienza genetica."

Passando alla parte tecnica della rappresentzione , ancora una volta devo dire di non aver usato alcun effetto particolare , l'unico è quello del fumo che fuoriesce dal vulcano e che si chiama "clouds"(nuvole) perfetto per dare effetti quale il fumo o il fuoco ardente .

Daniele Tartaglia

giovedì 17 aprile 2008

Lo sviluppo nella tecnologia

La mistura nel nuovo pianoforte Yamaha

Un concetto cardine dello sviluppo delle tecniche riemerge ad ogni nuovo strumento, ponendo limiti e concentrando la possibilità dello sviluppo verso un cammino spesso a ritroso, mai sicuro di avere tra le mani la tecnologia che chiude il ciclo passato.

Nelle tecniche il passato non è un senso inverso, un punto da rimirare girandosi indietro e, al di là della ricerca verso nuove applicazioni, la storia della tecnologia non può svolgersi se non utilizzando al meglio il concetto stesso di storia come passaggio non lineare, fatto di scarti e slanci, in un lavoro di scavo logico e sensibile che difficilmente si può comprendere nel catalogo cronologico.

Una categoria che spesso prende il nome di sviluppo tecnologico è quella della "mistura", della multiapplicazione simultanea, molto vicina però ad una giustapposizione che non ad una composizione armoniosa di vari servizi.

L'utilità è ormai uno dei cardini del cosidetto sviluppo tecnologico, rientra nei fondamenti del verbo "sviluppare" e del fine cui tendere in un processo di strutturazione del bisogno corporeo. La mistura di più utilità, all'interno di un solo contenitore, è uno degli esempi dei nuovi prodotti in commercio.

Ultimamente è ritornata di moda la concezione del player piano, del pianino meccanico, primo passo verso la rivoluzione della popular music e della industria di distribuzione musicale. Il suonare e l'ascoltare da lontano, vedendo la fonte muoversi come un automa grazie a rulli perforati, reppresentava un nuovo ritmo della fruizione musicale nel suo mescolarsi con il "machinato".



Il passaggio allo strumento musicale che elabora un serie di segnali e li riproduce, comprendendo in questo sia il proprio suono (il pianoforte) che tutta una serie di formati, campioni di altri strumenti, parti orchestrali e vocali, segna l'ultima frontiera del mercato del software per la produzione sonora.

Il player piano, passando per la radio, per la diffusione dell'ascolto pubblico e privato, l'ascolto in macchina, l'ascolto intessuto nell'abito con i lettori mp3, sviluppano varie tecnologie e rappresentano in sé delle applicazioni accessorie di un particolare modello come può essere quello meccanico, elettromagnetico, digitale.

Ma in più condividono il desiderio per le forme, la predilezione di una fruizione completa dei sensi. Non solo una tecnica ma anche la sua storia rientra nell'utilizzo di un prodotto, nella resistenza a non incorporare segni e simboli di una passata tecnologia, a farli rientrare tutti o alcuni di essi all'interno del prodotto "nuovo", dell'estetica del "nuovo".

Così avviene che il nuovo pianoforte della Yamaha, il Disklavier Mark IV, sia un concentrato di tutta la tecnologia della produzione e riproduzione musicale, della tecnica di costruzione dello strumento, dell'ascolto digitale o analogico dello stesso, ma anche della fruizione di qualcosa di accessorio ma ormai complessivamente associabile all'estetica dell'ascolto: internet e il touch screen.


La curiosità di certi esperimenti, tipici nella transizione tra vecchie e nuove tecnologie, è la tensione che si instaura tra il desiderio e la nostalgia, tra l'avere nello stesso prodotto entrambi i modelli analogico e digitale, come anche la possibilità di fondere tra i due la tecnologia che aveva rimosso in certo qual modo la sfida, il termine neutro che riusciva a processera il suono e a vincere la separazione tra le due fonti: il software musicale.

Il desiderio di Internet, inoltre, è il desiderio della simultaneità dello spazio e del tempo, quella di avere a disposizione una banca dati aggiornabile in ogni istante e da qualunque localizzazione.

Ecco perché l'unione e la mistura sono uno dei capitoli più affascinanti dal punto di vista della percezione sensoriale nello suo sviluppo storico di una produzione tecnologica.

"You can also buy songs à la carte. The Yamaha store is something like the iTunes store, complete with a 30-second preview of each song. The difference is that in this case, the previews (and the songs) are played live by a friendly ghost on the piano right next to you." Nyt

sabato 12 aprile 2008

Protesi acustiche

(Seconda parte)

Vince il digitale

Una protesi si può schematizzare in prima approssimazione come un “microfono” ovvero un dispositivo in grado di captare un segnale acustico e convertirlo in forma elettrica, ma perchè c’è bisogno di tale conversione?

Il senso è quello di poter adattare il segnale sonoro alle caratteristiche quantitative, qualitative e temporali dell’ipoacusia che si va a curare.

Parametri come amplificazione, capacità di limitare il segnale e di modificare la dinamica di applicazione, ampiezza della banda passante e possibilità di filtraggio, rappresentano i criteri fondamentali che consentono di valutare il comportamento elettroacustico di una protesi ed individuarne il campo di applicazione, consentendo di fare una classificazione.

Una protesi acustica dunque è un vero e proprio elaboratore del segnale che realizza il processo di analisi e trasformazione dei suoni secondo tre tipi di strategie:

· Analogica semplice;
· Analogica mista, detta anche analogica digitale o ibrida (protesi programmabili
elettronicamente);
· Analogica prevalentemente digitale che permette di effettuare, oltre ad una
regolazione elettronica, anche un’elaborazione del segnale.

Qualsiasi sia il tipo di strategia, l’energia sonora viene trasformata in elettrica dal microfono.

Una volta trasdotta, tale energia raggiunge l’amplificatore al cui livello subisce i processi di amplificazione, filtraggio, e limitazione.

Il segnale elettrico in uscita dall’amplificatore e così elaborato, è inviato al terzo e ultimo stadio, il ricevitore, dove viene nuovamente convertito in energia sonora.

Si comprende come le componenti circuitali di protesi acustiche non siano poi cosi dissimili da quelle utilizzate nelle sale di incisione per l’elaborazione dei segnali. Come ho detto spesso la matematica che governa i fenomeni è del tutto generale consentendo poi le più svariate applicazioni tecnologiche.

Nelle protesi con trattamento digitale, l’onda sonora viene trasformata dal microfono in analogo elettrico dell’input, un primo stadio di filtraggio passa basso elimina le componenti frequenziali che si pongono al di sopra del campo di udibilità.

Il segnale viene quindi digitalizzato dal convertitore analogico-digitale secondo un’alta frequenza di campionamento, che trasforma la grandezza elettrica analogica in una serie di numeri di tipo binario.

L’unità centrale di elaborazione è un microprocessore che modifica i dati numerici secondo gli algoritmi previsti dalla strategia di programmazione implementata.

Il flusso di dati numerici elaborati viene trasformato dal convertitore digitale analogico in stimolo elettrico che successivamente ad una nuova operazione di filtraggi passa basso viene trasdotto in segnale acustico.

Le protesi digitali dunque, elaborano attivamente il segnale, comportandosi come uno speech processor.

La domanda ora può sorgere spontanea:digitale o analogico?.

Senza alcun ombra di dubbio in ogni applicazione in cui si deve riprodurre una funzionalità naturale nel modo più accurato possibile, l’elaborazione digitale è sempre da preferirsi per vari motivi:

- Da un punto di vista teorico perchè meno soggetta ad errori;
- Da un punto di vista economico in quanto di costo inferiore a parità di prestazioni;
- Spazio occupato nell’orecchio notevolmente ridotto e riducibile, cosa non indifferente dal punto di vista di un portatore di protesi.

Nonostante gli strumenti di base che si utilizzano per la progettazione di protesi acustiche e di schede di elaborazione audio siano simili, differenti scopi portano differenti scelte di progettazione e differenti risultati, basti pensare infatti come nella musica si ricerchi spesso la teconlogia analogica ed addirittura a valvole.

Si sente spesso dire che “La valvola da più calore al suono”.

La tecnologia delle valvole in elettronica, o meglio in tutta l’elettronica dei giorni nostri che non riguarda la musica è stata abbandonata dagli anni 50 circa, allora è vero o no che le valvole generano un suono migliore?

Nonostante la preferenza delle valvole in musica non sia quasi mai supportata da una conoscenza tecnica, quell’affermazione è vera.

In musica ciò che conta a differenza del caso di progettazione di un dispositivo tecnico è riuscire quanto più possibile ad emozionare l’ascoltatore, tale emozione è dovuta all’ascolto di determinate componenti spettrali piuttosto che altre ed evidentemente le valvole enfatizzano certe frequenze gradevoli all’orecchio e perciò spesso sono preferibili alla microelettronica basata sull’uso di transistor.