martedì 27 novembre 2007

Sensibile ed intelligibile

Un discorso sulla riproduzione del suono nel corso del tempo (prima parte)


“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?” Vangelo di Matteo 5, 13

Non credo sia facile per nessuno mettersi nei panni di un antico modello, per di più di un modello di cui ignoriamo l’immagine. Avere una idea di qualcosa non significa tenerla nel pensiero senza alcun riferimento sensibile, ma presuppone una trasformazione, una impressione, un atto che forgia o rende quel fatto artefatto per noi, temperato e scremato, pronto per essere giudicato una volta acquisito l’input. Infatti, proprio di input parliamo oggigiorno, di informazione in entrata e in uscita, ma soprattutto della incapacità di risalire all’origine dei dati: nel momento in cui il dato è stato spiegato nelle sue parti, risolto e sciolto da ogni vincolo, non ci rimane che rilasciarlo o immagazzinarlo senza rendere conto del perché si possa chiamare un semplice ingresso o scarto di informazione un “dato”. Per carpirlo bisogna già servirsi di uno schema e di una organizzazione, meccanica o elettronica, valvole o cifre, leve o circuiti. La percezione della genesi di una tale forma di strutturazione fisica non rientra in un percorso naturale ma artificiale, dove la ridondanza del procedimento di creazione vince sulla irreversibilità della produzione incerta della natura.

C’è una grande differenza tra un procedimento ed una produzione spontanea; come accade nella divisione tra natura e cultura, tra processi biologici e ordinamenti regolabili, il senso e l’orientamento non possono nascere se non si passa dalla razionalizzazione di ciò che per natura è senza informazione alla teoria dell’informazione dei processi visibili in natura senza aver disorientato il mondo o almeno averlo fatto esplodere nella sua assoluta gerarchia dei valori e dei doveri. Il concetto stesso di genesi rompe ogni contatto con le generazioni delle forme da parte di un unico modello accertato: non ci sono modelli ma creazione -nel tempo-di immagini del mondo che non possono che riflettere la struttura sociale e antropologica di un insieme di individui di fronte ad una delle tante interpretazioni della natura nella cultura.

Da ciò sembra essere non facile neanche il passaggio dalla inviolabilità dei piani alla intimità della casa nella produzione del pensiero e nella percezione delle cose. Il sapore del mondo non cambia nello stesso modo in cui la natura tende a svilupparsi, le immagini del mondo nel tempo riflettono il panorama sensibile in ingresso e man mano combinano i circuiti della ricezione, aumentando i filtri e sminuendo il dato: il dato ha subito nelle generazioni una frammentazione e assimilazione sempre più ossessiva, quantizzata al millimetro, ridotta all’osso, priva della qualità di una volta e quindi offesa proprio nelle sue pupille gustative. Oggi, nel nostro tempo, non c’è più un sapore del mondo che diviene un sapere del mondo: la nostra prospettiva mette al primo posto il sapere del mondo senza un sapore di riferimento, facendo della scienza una entità esistente oltre qualsiasi sensibilità. Non possiamo allora che chiamarci una generazione dell’intelligibile più che del sensibile, una età della razionalizzazione a tutti i costi senza alcuna assimilazione dei dati. Nell’epoca della riproduzione digitale non si può assolutamente rendere simile ciò che è fuori perché non c’è un fuori senza la percezione del fuori, e l’etimologia della parola “captare” dovrebbe rifarsi non più al greco inghiottire, ma al più odierno “ricerca rete”: il gusto e la presenza del segnale rimangono nella dimora dei segni ma il loro “riferirsi a” nel primo caso rinvia ad un modello universale, nel secondo ad una convenzione momentanea.

Davide De Caprio

giovedì 22 novembre 2007

Breve storia dell'hip-hop

Parte I-Le origini


La storia dell'hip-hop non si limita allo sviluppo del genere musicale che lo rappresenta, il rap, bensì comprende in senso più ampio l'evouzione di questa cultura.

I primi movimenti riconducibili a questo nome si sviluppano a New York, e più specificamente nei ghetti neri del Bronx e del Queens, nella seconda metà degli anni '70: alcuni giovani afroamericani, esclusi dal circuito delle discoteche perché troppo costose, iniziano ad organizzare autonomamente i primi block party (feste di quartiere) in parcheggi e strade del ghetto, sfruttando l'energia elettrica sottratta alla rete urbana.

L'anima di tali party è il dj, con i suoi dischi funk e soul, e i breakdancers, che iniziano a compiere evoluzioni sui cosidetti break, gli stacchi ritmici tipici del funk. Alcuni dj iniziano a mixare a loop i break, per permettere ai b-boys (così iniziano a chiamarsi i breakers) di prolungare le proprie acrobazie, ponendo le basi del sound hip-hop, fondato appunto su loop dalla forte impronta ritmica.

Contemporaneamente gli MC (Master of Ceremony), originariamente dei semplici speaker che annunciavano i pezzi dal microfono e incitavano la folla (sul modello delle dancehall giamaicane), iniziano ad evolvere il proprio ruolo con l'uso di frasi in rima e in metrica, tecnica che prende il nome di rap.

venerdì 2 novembre 2007

L'Equdrak


Oggi vi propongo un mio disegno che , per chi ancora non lo sapesse, fanno parte di un desiderio avuto dal me bambino,di voler creare una enciclopedia illustrata dei mostri di miti e leggende.
Tuttavia non essendo paga la soddisfazione di un bambino quando raggiunge un primo risultato, e da questo dovremmo prender esempio, inventai alcuni di questi mostri per dare uno sfondo anche ad altre creature leggendarie.

L'Equdrak era uno di questi parti della mia immaginazione ed è inutile dire che per disegnare il solo primo bozzetto di questa creatura mi sono rifatto moltissimo alla mitologia greca, della quale peraltro sono un ghiotto apassionato,con la figura del bellissimo e fiero cavallo alato Pegaso.

Proprio qui stava il mio intento, ovvero dare uno sfondo diverso da quello mitologico classico alla figura del magnifico cavallo alato,che così non sarebbe più stato il frutto del sangue di Medusa, ma la discendenza di un altrettanto illustre capostipite, il quale appunto volevo rappresentare nell'Equdrak.

Ma come può un cavallo discendere da un drago?In effetti la domanda sorge spontanea, ma altrettanto spontaneo è un altro dubbio, ovvero:"Pegaso era forse un cavallo normale?E come potrebbe un cavallo nascere dal sangue versato di una Gorgone?"

Quindi mi si perdoni l'eccessiva dose di fantasia , ma come si sa di fantasia i bambini abbondano e così io avevo tracciato questa figura senza nemmeno chiedermi tutte queste cose, semplicemente seguendo gli impulsi della mia fervida immaginazione ispirata da tale figura mitologica,Pegaso.



Ecco il primo bozzetto dell'Equdrak:Come si può notare presentava tutte le caratteristiche che ho mantenuto anche nel mio ultimo rifacimento, quindi si potrebbe dire che sia rimasto fondamentalmente lo stesso disegno, sebbene mogliorato dal punto di vista stilistico.

E avevo tracciato questa creatura con l'intento di creare i presupposti non solo per quanto riguardava la futura generazione di cavalli alati , ma anche con l'intento di dare il via alla specie dei draghi che io ingenuamente, eppur azzeccandoci, avevo nominato "zoomorfi", ovvero draghi che possedevano caratteristiche riscontrabili solitamente negli animali , e che quindi ne ricordavano alcuni esemplari.

L'Equdrak doveva essere una commistione tra la orrorifica figura di un drago e quella gentile di un cavallo,lo dotai quindi di zoccoli, una criniera ispida che terminava in una soffice coda e ali piumate, il tutto sorretto da una possente muscolatura coperta da squame di smeraldo, come quelle di qualsiasi drago, adornata da zanne , occhi infuocati e zanne accuminate.

Storia riadattata dell'Equdrak dal quaderno di disegni intitolatoda me "Monsters"

"La specie dei draghi zoomorfi era nata chissà per quale strano capriccio della natura, difatti i suoi esponenti presentavano nella corporatura e talvolta anche nei comportamenti e nelle abitudini,le peculiarità degli animali a cui somogliavano, animali normali e non mostruosi .
L'Equdrak fu il primo esempio conosciuto di questa specie bizzarra della famiglia dei rettili sputafuoco, ed era stato chiamato a quel modo , nei secoli successivi la sua estinzione ,proprio perchè ricordava lòe sembianze di un cavallo pur essendo un drago.
Infatti non possedeva grandi zampe artigliate, ma zoccoli con i quali schiacciva le prede e che molto probabilmente dovevano avere una consistenza incredibile visto che su questi atterrava,una folta criniera che terminava in un altrettanto folta coda,fatta di peli molto simili al crine di cavallo.Nonostante la sua somiglianza con un animale del tutto erbivoro , L'Equdrak era un drago, quindi completamente onnuivoro, con la naturale predilezione per la carne fresca.Altra caratteristica peculiare di questo animale era che volava ad una velocità incredibile, riuscendo a rendersi invisibile tra le nubi e sfuggendo anche allo sguardo più attento.Questa sua prerogativa non lo salvò dall'estinzione purtroppo, perchè una nuova generazione di draghi, nota con il nome di Draghiene, sfruttava la caccia combinata in branco
e all'Equdrak la velocità non servì a nulla. Proprio la caccia incontrollata da parte di questa nuova stirpe di signori del cielo portò l'Equdrak alla rovina della propria stirpe.
Nel mentre tuttavia alcuni esemplari avevano cominciato a cambiare forma e sangue, dando vita anche loro ad una nuova stirpe.
Da esso infatti discesero tutti i draghi zoomorfi e la stirpe dei grandi cavalli alati."



Il mio primo rifacimento dell'Equdrak presentava una caratteristica, che poi ho eliminato perchè ritenuta da me inadatta, diversa dal bozzetto e dal rifacimento finale, ovvero un occhio soltanto, centrale come quello dei Ciclopi della mitologia.

Passiamo ora agli aspetti tecnici del tutto, perchè sappiate che stavolta ce ne sono parecchi.
Una volta terminato il disegno , ho riempito quegli odiosi spazietti bianchi che risultano nelle linee tracciate, una volta terminata la scansione, e per fare ciò ho usato l'effetto "Pittura ad olio " su tutto il disegno, poi dopo aver colorato il tutto ho usato l'effetto Gaussian Blur sui particolari della criniera, l'effetto Frosted Glass per i particolari dell'erba dove poggia l'animale, nonchè per i particolari del fiume e degli occhi rossi del drago.Ho usato infine lo strumento Gradient per dare alla luna che svetta rossastra nel cielo, una sfumatura spettrale e inquietante.Un prezioso aiuto per la composizione delle squame mi è stso dato dealla modalità Shingle del pennello.

Daniele Tartaglia